Ho inviato una lettera – appello al Governo, alle Regioni e alle Soprintendenze affinché creino le condizioni per il raggiungimento del target rinnovabili, che è davvero un’Opportunity Sharing e non un Burden!
Per approfondire:
Leggi la Lettera
Leggi l’articolo pubblicato sul Sole 24 Ore che riporto per comodità anche qui di seguito:
L’allarme delle aziende elettriche: troppi freni agli investimenti sull’energia rinnovabile
di Jacopo Giliberto
Si parla molto di transizione energetica; il rischio è che se ne parli tanto ma si rimanga fermi a quel “bla bla bla” di cui alcune settimane fa l’attivista Greta Thunberg accusava la politica. Dice Agostino Re Rebaudengo, imprenditore privato del settore ambientale e presidente di Elettricità Futura, l’associazione confindustriale delle aziende elettriche, che di questo passo gli obiettivi climatici non verranno raggiunti. O meglio, che gli obiettivi che l’Italia si è data per il 2030 verranno conseguiti a fine secolo, non prima del 2090. Per questo motivo Re Rebaudengo ha scritto una lettera di appello al Governo e alle altre istituzioni interessate dagli obiettivi ambientali climatici.
Tra i ministri compresi nell’indirizzario compaiono, oltre al presidente Mario Draghi e al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, anche Mara Carfagna (Mezzogiorno) e Dario Franceschini (Cultura).
Che c’entrano Franceschini e Carfagna? Semplice. ”Il Mezzogiorno è interessato dalla maggior parte degli investimenti ambientali, in teoria l’85%, una concentrazione territoriale difficile da sostenere”, commenta Re Rebaudengo. E Franceschini viene coinvolto per il ruolo che viene attribuito alle sovrintendenze ai beni culturali, investite del compito di essere l’ultima linea di difesa di quell’ambientalismo che difende il paesaggio e l’identità dei luoghi.
“Sono temi ben presenti nell’agenda dei ministri” conferma Re Rebaudengo, che auspica un deciso cambio di passo nel sistema autorizzativo.
Gli ingredienti della ricetta
La ricetta ricordata da Elettricità Futura prevede un ridisegno del Pniec, il Piano nazionale integrato energia e clima che, come ha accennato anche il ministro Cingolani, deve essere adeguato ai nuovi obiettivi europei di tagliare le emissioni del 55% entro il 2030 e di azzerarle nel 2050. Tradotto in numeri, bisogna arrivare al 72% di elettricità da fonti pulite contro il 38% di oggi e perciò vanno costruiti nei prossimi 8 anni 70mila megawatt di centrali rinnovabili, quasi 9mila megawatt l’anno, mentre con il passo attuale non si riesce a farne un decimo.
Un altro ingrediente riguarda le Regioni, affinché ridefiniscano subito gli obiettivi di nuovi impianti rinnovabili compatibili con l’installazione di impianti per 70mila nuovi megawatt.
Infine, le Soprintendenze dovrebbero agevolare il raggiungimento di questi obiettivi, che sono in difesa e non a danno del paesaggio, il quale è minacciato dagli effetti distruttivi del cambiamento climatico. “Certo, le rinnovabili occupano sì territorio per qualche decennio, parliamo di un impegno complessivo di circa 50mila ettari, ma servono a difendere quel paesaggio dai cambiamenti, irreversibili quelli, che produrrà il cambiamento del clima”, aggiunge il presidente di Elettricità Futura.
La diffusione delle rinnovabili, scrive nell’appello al Governo, “è infatti il più potente strumento di contrasto all’emergenza clima, una priorità in cima all’agenda nazionale. L’Italia è il secondo Paese europeo per costi collegati al cambiamento climatico”.
Tema investimenti e lavoro
Secondo l’associazione dell’industria elettrica, l’installazione dei 70mila megawatt di impianti per la produzione di energia rinnovabile “permetterà di attivare al 2030 nel solo settore elettrico investimenti privati pari a 100 miliardi e di creare 90mila nuovi posti di lavoro”, scrive la lettera al presidente Draghi.
Proprio a questa occasione di creare occupazione qualificata e rivolta al futuro dovrebbero guardare gli amministratori pubblici del Mezzogiorno – aggiunge Re Rebaudengo – che “troppo spesso devono affrontare il problema sociale della chiusura di aziende o di licenziamenti collettivi”.
Tema opportunity sharing
Nel Mezzogiorno ci sono il vento e il sole che attirano gli investitori e che concentrano i progetti in modo non sostenibile. “Suddividere con maggiore equilibrio questi impianti tra le Regioni significa aggiudicarsi una fetta di benefici. Si tratta di un’opportunity sharing e non di un burden sharing, un’opportunità e non un gravame”, dice Re Rebaudengo.
Le aste del GSE devono rendere più attrattivi sul prezzo gli investimenti al Nord, in modo da non disperdere nell’inefficienza di centinaia di chilometri di linee di alta tensione verso l’Alta Italia la maggiore produttività del Sud. “Una migliore distribuzione territoriale è più efficiente”.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore del 21 ottobre 2021