Le grandi aziende energivore europee avrebbero approfittato delle lacune del sistema EU ETS per preservare la propria posizione e realizzare extra-profitti, invece di investire in tecnologie a basse emissioni e favorire la decarbonizzazione dei rispettivi settori. Questo è quanto sostiene, nel rapporto European Fat Cats recentemente pubblicato, Climate Action Network (CAN) Europe, organizzazione non governativa attiva su temi ambientali ed energetici che rappresenta 140 membri (tra cui Legambiente) da 30 diverse nazioni europee.
Secondo il documento, le grandi aziende energivore europee (che rientrano tra i settori regolati dal mercato delle emissioni europeo EU ETS) avrebbero tratto vantaggio da alcune “debolezze” strutturali di quella che viene considerata la “pietra angolare” della politica climatica ed energetica dell’Unione Europea.
300 miliardi in meno per la decarbonizzazione
Una delle cause principali del funzionamento inefficiente del mercato delle emissioni europeo è stata l’allocazione gratuita di un elevato numero di quote di emissione alle imprese energivore, motivata dalla volontà di preservare la competitività delle aziende ed evitare il cosiddetto carbon leakage, ovvero la delocalizzazione della produzione in paesi extra-UE con una legislazione più permissiva in materia.
Potendo contare su un’abbondante riserva, queste imprese non hanno quindi dovuto acquistare sul mercato le quote di emissione (ma anzi hanno venduto le quote in eccesso) e neanche investire in tecnologie per ridurre la propria impronta carbonica (rinnovabili o efficienza energetica). Inoltre, secondo il rapporto, alcuni grandi gruppi avrebbero trasferito il costo del certificato di emissione – in realtà non pagato – sul consumatore finale, incassando così 16,8 miliardi di euro nel periodo 2008-2015.
In conseguenza dell’eccessivo numero di quote distribuite gratuitamente, gli Stati membri non avrebbero incassato circa 143 miliardi di euro dal 2008 al 2015, risorse che sarebbero potute essere investite per accelerare la decarbonizzazione delle rispettive economie nazionali. Nonostante la prossima riforma del sistema EU ETS, il rapporto stima che verranno persi altri 237 miliardi di euro da qui al 2030.
Come far funzionare il principio “chi inquina paga”
Secondo CAN Europe, il sistema EU ETS dovrà essere ulteriormente rivisto, abbassando il tetto annuale delle emissioni consentite, eliminando il surplus di quote di emissione e la loro assegnazione gratuita e, soprattutto, applicando rigorosamente il principio del “chi inquina paga”.
Tuttavia, un sistema EU ETS funzionante a dovere non basterà – sostiene il rapporto – a innescare la necessaria transizione energetica del settore dell’industria pesante. Oltre all’adozione di obiettivi europei al 2030 più ambiziosi in tema di rinnovabili ed efficienza, gli Stati membri dovrebbero introdurre meccanismi di supporto al mercato di emissioni, quali un sistema di carbon pricing che fissi un prezzo minimo a livello europeo per il carbonio.