Se non si adottano al più presto tutte le misure necessarie per ridurre drasticamente le emissioni di gas a effetto serra il nostro mondo, così come lo conosciamo oggi, è condannato. Questa è in breve la conclusione del rapporto speciale Global Warming of 1.5°C, redatto dagli esperti dell’International Panel on Climate Change (IPCC) e pubblicato lo scorso lunedì 8 ottobre.
Il poscritto invece potrebbe essere: siamo ancora in tempo per scongiurare i peggiori effetti del riscaldamento globale, ma per farlo serviranno cambiamenti rapidi e senza precedenti in tutti gli aspetti della società. In entrambi i casi, dunque, dovremo prepararci a cambiare radicalmente le nostre abitudini e gli schemi di produzione e consumo del nostro modello di sviluppo. Del resto, come sottolineato dallo studio dell’IPCC, il mondo ha già avuto modo di sperimentare le catastrofiche conseguenze dell’innalzamento di 1°C della temperatura globale (Italia compresa).
Una corsa contro il tempo
Il rapporto era stato commissionato all’indomani della COP21 di Parigi, al termine della quale i capi di stato e di governo delle nazioni partecipanti avevano raggiunto un accordo per mantenere l’aumento delle temperature al 2100 ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, con l’obiettivo di limitare l’aumento a 1.5°C. Compito degli esperti dell’IPCC era appunto quello di determinare i possibili scenari compatibili con questo obiettivo e individuare le azioni da compiere per raggiungerlo.
Il responso è che non c’è tempo da perdere. Per essere in linea con il target di 1.5°C sarà necessario infatti ridurre del 45% (rispetto al 2010) le emissioni globali di CO2 entro il 2030, per poi raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050 (uno studio, recentemente pubblicato da Climact ed European Climate Foundation, dimostra che per l’Europa questo scenario è possibile e anche vantaggioso in termini economici).
Centrare l’obiettivo più ambizioso della COP21 è estremamente importante, perché la differenza tra 1.5°C e 2°C in più è enorme. A titolo di esempio, 0.5°C in più comporterebbero un innalzamento del livello dei mari al 2100 di 10 cm maggiore, con conseguenze imprevedibili per molte città costiere.
Rinnovabili ed emissioni negative
Negli scenari compatibili con il target 1.5°C le rinnovabili arrivano a produrre il 70-85% di elettricità entro il 2050. Ma l’apporto dell’energia pulita non sarà sufficiente, dal momento che sarà indispensabile, secondo lo studio, mettere in campo tecnologie per la rimozione della CO2 (Carbon Dioxide Removal, CDR).
Quello delle tecnologie e soluzioni a emissioni negative è un tema controverso, non solo perché allo stato attuale queste hanno costi troppo elevati, ma anche perché potrebbero essere strumentalizzate per legittimare l’uso delle fossili sine die, quando invece andrebbero considerate esclusivamente come soluzione ponte in attesa della completa decarbonizzazione delle fonti.
Ciò che emerge chiaramente dal lavoro degli esperti dell’IPCC, che sarà utilizzato come base scientifica dai delegati climatici che parteciperanno il prossimo dicembre alla COP24 a Katowice, Polonia, è che gli attuali impegni degli stati non sono sufficienti a scongiurare i peggiori effetti del cambiamento climatico. La speranza è che chi si siederà al tavolo delle decisioni saprà farsi convincere dalle evidenze del rapporto ad aumentare l’ambizione del paese che rappresenta, perché, come sottolineato dal Capo della Delegazione del WWF all’IPCC Stephen Cornelius “con la scienza non si può negoziare”.