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Elettricità Italiana: Una Storia Di Successo

Martedì 11 dicembre al Palazzo della Farnesina è stato presentato lo studio “La filiera dell’elettricità italiana: un’eccellenza internazionale tra innovazione, sostenibilità e visione condivisa” curato dal professore Matteo Caroli dell’Università LUISS Guido Carli. Lo studio ripercorre l’evoluzione del sistema elettrico nazionale dall’inizio del processo di liberalizzazione negli anni ’90 ad oggi, mettendo in evidenza i trend di cambiamento che interessano il settore e che ne indirizzano lo sviluppo futuro.

Decarbonizzazione

Il primo è principale driver di cambiamento è la transizione energetica. La decarbonizzazione impone il progressivo incremento della generazione elettrica da fonti rinnovabili a scapito di quella da fonti fossili, carbone in primis. Nel 2016 il 34% dei consumi di elettricità in Italia è stato soddisfatto da fonti di energia pulita, ben oltre l’obiettivo al 2020 del 26,4% stabilito dal pacchetto clima-energia 20-20-20 dell’Unione Europea. L’orizzonte al 2030 richiede però un impegno ancora maggiore: secondo i target della nuova Direttiva, le rinnovabili dovrebbero raggiungere il 63% del totale dei consumi elettrici.

Digitalizzazione

Un secondo driver di cambiamento è la digitalizzazione che, analogamente a quanto accaduto in altri settori, sta rivoluzionando il funzionamento del sistema. In combinazione con la diffusione della generazione distribuita (sistemi di produzione elettrica di taglia piccola/media connessi direttamente alla rete di distribuzione), l’introduzione delle tecnologie digitali ha avviato un processo di coinvolgimento sempre maggiore dell’utente finale, che sempre più spesso è esso stesso un produttore di energia (il cosiddetto prosumer). Da un altro punto di vista, l’introduzione di sistemi di monitoraggio, manutenzione e sorveglianza digitale hanno incrementato l’efficienza di gestione degli impianti.

Consolidamento e internazionalizzazione

Anche gli aspetti di mercato non sono esenti da cambiamenti. Il settore sta infatti attraversando una fase di consolidamento, come testimonia l’incremento delle operazioni di fusione e acquisizione. Queste ultime nel 2016 hanno, per la prima volta, superato in valore i nuovi progetti. Parallelamente a questa trasformazione – e per certi versi conseguentemente – si evidenzia negli ultimi anni un processo di internazionalizzazione delle imprese della filiera elettrica italiana: dal 2009 gli investimenti esteri sono in costante crescita e hanno raggiunto il valore di 9,7 miliardi di euro nel 2017 (82% del totale dei nuovi investimenti), di cui il 70% destinato a nuovi impianti.

Se, da un lato, questi dati dimostrano la propensione all’esportazione di competenze e tecnologie delle imprese nazionali, dall’altro testimoniano anche una sostanziale depressione del mercato nazionale per le nuove installazioni. A partire dal 2013 si è infatti assistito a un deciso rallentamento della nuova capacità di generazione elettrica da rinnovabili installata in Italia, con un tasso di crescita annuo composto che è passato da 14,3% nel periodo 2007-13 a 1,3% nel periodo 2013-16 (elaborazione su dati GSE).

Elettricità Futura: un’integrazione di successo

La nascita di Elettricità Futura dalla fusione tra assoRinnovabili e Assoelettrica rappresenta un’altra caratteristica di eccellenza del sistema elettrico italiano. Grazie alla visione dei suoi fautori – tra i quali il sottoscritto in qualità di presidente di assoRinnovabili – fu possibile superare la contrapposizione tra produttori rinnovabili e termoelettrici, creando nella primavera del 2017 la prima associazione in Europa che riunisce questi due mondi solo apparentemente opposti.

Il momento era propizio: i trend di cambiamento descritti in precedenza avevano infatti già cominciato a modificare il terreno di gioco nel quale le imprese elettriche si trovavano a muoversi. Non era più possibile continuare a pensare secondo i vecchi schemi. Quello che serviva era appunto una nuova associazione che, nel perimetro di Confindustria, avrebbe potuto partecipare alla definizione dei nuovi meccanismi di mercato attraverso una maggiore rappresentatività e autorevolezza.

Questo articolo ha 2 commenti
  1. Come sempre, le cose si possono leggere e valutare in modo diverso a secondo degli interessi in gioco e della situazione di affidabilità per quanto riguarda il sistema Paese.
    Ora, è indubbio che con gli enormi incentivi garantiti per lo sviluppo delle Rinnovabili – oltre 240 Miliardi di Euro impegnati con gli incentivi caricati in Bolletta dei consumatori e che gravano per 13-14 Miliardi/anno, che dureranno ancora per lungo tempo – si sia fatto un grande salto in avanti, al punto di addirittura superare gli ambiziosi obiettivi della Ue,

    Ma sarebbe anche il caso di ricordare che il notevole risultato raggiunto rischia di porre in discussione la stabilità e la sicurezza del sistema elettrico Paese, oltre al fatto che ben poco ci si preoccupi della competitività che tale enorme onere pone per l’industria manifatturiera nazionale, notoriamente composta da piccole e piccolissime imprese che pagano la Bolletta senza agevolazioni.

    Riflettere sul fatto che questo indubbiamente contribuisce a tenere la ripresa dell’economia in Italia in condizioni di disagio ed agli ultimi posti nella classifica tra i Paesi Ue più avanzati, non sarebbe proprio fuori luogo, altre al fatto di quanto sia opportuno e sostenibile premere per ulteriori incentivi (come indicato dall’ultima SEN) che graverebbero ulteriormente su tali parametri di competitività e quindi benessere ed occupazione nel Paese.

    Pensare agli incredibili obiettivi indicati dalla “mosca-cocchiera” Ue per il 2030, senza che prima di possano realizzare degli opportuni sviluppi tecnologici, sembrerebbe quindi alquanto fuorviante ed azzardato.

    Una riflessione in merito da parte del Governo e dei grandi Stakeholder sarebbe quindi più che opportuna.

    Buon Anno.

    1. Buon anno anche a Lei.
      Il costo degli incentivi per le rinnovabili in bolletta (ex componente A3, ora confluita nell’Asos) dal 2009 al 2017 è stato di 88,3 mld di euro (di cui 14,3 destinati alle fonti assimilate nell’ambito del Cip6/92) per una media di 9,8 mld di euro l’anno (GSE). Peraltro, l’alleggerimento della componente A3, iniziato nel 2017, continuerà con una discesa destinata ad accelerare ulteriormente dal 2023 in poi. A fronte di questi numeri, ogni anno vengono invece spesi circa 16 mld di euro in sussidi ambientalmente dannosi (Senato), gran parte dei quali sotto forma di sconti fiscali per i combustibili fossili.
      Per quanto riguarda l’opportunità o meno di raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei per le rinnovabili al 2030, segnalo che la società di ricerca e consulenza Elemens ha stimato che il saldo costi-benefici sarà ampiamente positivo, con benefici nel periodo 2020-30 pari a 21,3 miliardi di euro. Tale conteggio non tiene inoltre in considerazione i vantaggi per la salute e l’ambiente dati dalla crescita delle rinnovabili. A tal proposito ricordo che l’inquinamento dell’aria provoca ogni anno quasi 80.000 morti in Italia (EEA), per un costo stimato di circa 100 mld di euro nel solo 2010 (WHO), cifra oltre 10 volte superiore alla media annuale degli incentivi alle rinnovabili pagati in bolletta dal 2008 al 2017 per ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni climalteranti.

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