Per i cittadini, i quartieri, i condomini, le imprese e le pubbliche amministrazioni inizia a farsi strada una nuova era energetica in cui è possibile produrre e consumare energia elettrica in modo efficiente e sostenibile. La crescente diffusione dell’autoconsumo, per ora a livello di singoli utenti ma in un futuro (si spera) prossimo in forma collettiva, è tra le tendenze più rivoluzionarie di questa fase di profonda trasformazione del sistema energetico nazionale.
Attualmente in Italia vengono autoconsumati circa 28 TWh di energia elettrica l’anno, pari ad oltre il 9% dei consumi complessivi. Di questi, solo 5,8 TWh sono rinnovabili, in gran parte generati nei 735.000 impianti fotovoltaici distribuiti lungo tutta la Penisola. La restante quota è rappresentata da autoproduttori industriali che consumano energia generata da impianti di cogenerazione a gas.
Le nuove forme di autoconsumo previste dall’ultima Direttiva rinnovabili (UE/2018/2001) e dalla Direttiva elettrica (UE/2019/944), una volta recepite nella normativa nazionale, porteranno al superamento dell’attuale modello one-to-one (un unico impianto di generazione che fornisce energia a un solo soggetto consumatore) introducendo configurazioni in assetto one-to-many (un impianto a servizio di più soggetti, ad esempio in un condominio) e many-to-many (più produttori e più consumatori). Queste nuove forme di autoconsumo favoriranno un più ampio utilizzo di fonti rinnovabili, una maggiore efficienza e una riduzione dei costi per il sistema.
È dunque la condivisione la modalità con cui impareremo a gestire l’energia, ma ad essere condivisi non saranno solo i kWh prodotti bensì anche i vantaggi, molto più estesi rispetto alla dimensione degli utenti direttamente interessati.
Secondo un’elaborazione di The European House – Ambrosetti su dati del Politecnico di Milano, in Italia potrebbero nascere 500.000 energy communities al 2050 creando vantaggi per l’intero sistema Paese: un risparmio economico compreso tra 2 e 6 miliardi di euro ed una riduzione delle emissioni di CO2 stimata tra 3,6 e 11 milioni di tonnellate. A questi benefici si aggiungerebbe un minor inquinamento atmosferico e di conseguenza un taglio dei costi sanitari, a patto che l’energia elettrica autoconsumata sia prodotta da impianti a fonti rinnovabili o da moderni microcogeneratori ad alto rendimento.
Fotovoltaico e microcogenerazione saranno in effetti le tecnologie che, secondo le stime di Elettricità Futura, traineranno la crescita della generazione distribuita e dell’autoconsumo da qui al 2030.
Come è emerso dai risultati della consultazione pubblica sull’autoconsumo depositata dalla X Commissione al Senato, la microcogenerazione è considerata infatti una soluzione complementare alle energie rinnovabili. Dovrebbe dunque deve essere assimilata a queste ultime o, in subordine, dovrebbe essere la prima soluzione sostitutiva quando queste non risultino efficacemente dispiegabili per limiti economici, tecnici o normativi.
La microcogenerazione rappresenta inoltre una tecnologia ad alto potenziale di integrazione sistemica in grado di svolgere un ruolo strategico nel raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale Energia e Clima. Ad esempio, organizzati in centrali elettriche virtuali in forma di energy community, i moderni sistemi di microcogenerazione potrebbero fornire servizi di flessibilità al sistema, garantendo la copertura delle punte di consumo e aumentando il grado di concorrenzialità del mercato dei servizi di dispacciamento.
Abbiamo a disposizione le tecnologie, abbiamo chiari i vantaggi, abbiamo le direttive europee coerenti e da implementare. Aprire finalmente all’autoconsumo collettivo e alle energy community significa dare inizio a una rivoluzione che porterà, se correttamente gestita, grandi benefici per il sistema. Non possiamo indugiare ancora.
Questo articolo è stato pubblicato su QualEnergia, numero 5-2019.