Così come siamo riusciti ad adottare misure rigorose per contrastare il diffondersi del COVID-19, facendo nell’interesse dei cittadini meglio di altri stati europei, allo stesso modo dovremmo migliorare l’efficienza della Pubblica Amministrazione, cominciando magari nel settore delle energie rinnovabili, per recuperare le indispensabili e necessarie risorse.
Apprezziamo le misure messe in campo dal Governo italiano per far fronte all’emergenza sanitaria data dalla diffusione del COVID-19 e ci stupisce la lentezza con cui altri Governi stanno reagendo.
Sono stati adottati anche provvedimenti per salvaguardare il futuro della nostra economia, messa a dura prova dall’emergenza in corso. In particolare, con il Decreto Legge “Cura Italia” del 17 marzo, il Governo ha stanziato 25 miliardi a valere sul bilancio corrente e punta ad “attivare flussi per ulteriori 350 miliardi di euro in finanziamenti a sostegno dell’economia reale”. La Germania ha fatto di più stanziando 93 miliardi, una cifra quasi quattro volte superiore e comunque doppia rispetto all’Italia in proporzione al PIL, e promettendo ulteriori 550 miliardi al sistema delle imprese in crediti illimitati, fondi sociali e agevolazioni fiscali.
Il nostro Paese riuscirà a sostenere questo sforzo economico?
Il Centro Einaudi ha realizzato uno studio sugli impatti del COVID-19 sul PIL italiano (che nel 2019 è stato pari a 1.797 miliardi) partendo dalla riduzione dei consumi delle famiglie. Lo studio ha stimato che se la fine dei contagi avvenisse entro metà maggio 2020, il PIL italiano si ridurrebbe quest’anno di 66 miliardi (-3,7%).
Considerato che il debito pubblico ha raggiunto il 16 marzo quota 2.443,5 miliardi e che il PIL si ridurrà, secondo molti analisti il rapporto debito/PIL potrebbe, a fine 2020, essere compreso tra il 145% e il 150% (rispetto al 135% di fine 2019).
Come riequilibrare queste cifre che ci portano vicino a una situazione di default?
147 miliardi di PIL (circa l’8%), che permetterebbero di ridurre di circa 11 punti il rapporto debito/PIL previsto per fine 2020, potrebbero provenire dal funzionamento più efficiente della nostra Pubblica Amministrazione.
Secondo uno studio pubblicato da The European House – Ambrosetti, se tra il 2013 e il 2018 l’efficienza della Pubblica Amministrazione italiana si fosse allineata a quella media di Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, il nostro PIL nel 2018 sarebbe stato pari a 1.761 miliardi di euro, rispetto al valore effettivo di 1.614 miliardi di euro (per come fare a guadagnare efficienza rimandiamo alle proposte contenute nello studio di The European House – Ambrosetti).
Nel settore dell’energia elettrica rinnovabile la semplificazione porterebbe vantaggi per oltre 13 miliardi, facendo partire investimenti oggi bloccati che incrementerebbero il PIL e ridurrebbero le emissioni climalteranti e inquinanti. Secondo le stime realizzate da Althesys, le ricadute economiche in Italia derivanti dal rilancio del solo settore fotovoltaico sarebbero pari a 11 miliardi, mentre il rinnovamento del parco eolico varrebbe 2,1 miliardi tra minori costi e ricadute economiche.
Alcune azioni in grado di aiutare le imprese e far ripartire il settore sono:
- la promozione dello sviluppo di nuova capacità di generazione rinnovabile attraverso misure di semplificazione e accelerazione delle procedure autorizzative per nuovi impianti, introducendo regole omogenee a livello regionale con orizzonte temporale di medio-lungo termine;
- in parallelo alla diffusione di impianti fotovoltaici in autoconsumo su tetti e coperture, sostenere la realizzazione di impianti utility scale, senza discriminare le aree agricole, armonizzando le regole delle procedure amministrative, ambientali e delle sovrintendenze su tutte le Regioni;
- la promozione dell’efficientamento della capacità di generazione esistente attraverso misure destinate a semplificare le procedure amministrative per il rinnovamento degli impianti rinnovabili esistenti e per le eventuali modifiche in chiave di adeguamento alle più moderne tecnologie dei progetti già autorizzati qualche anno fa e non ancora realizzati;
- l’apertura dell’autoconsumo collettivo di energia elettrica da fonti rinnovabili e cogenerazione ad alto rendimento e la razionalizzazione dell’attuale quadro che regolamenta la generazione distribuita, anche in questo caso semplificando, accelerando e uniformando i procedimenti autorizzativi degli impianti e delle relative opere di connessione, nonché gli adempimenti fiscali;
- la previsione di un quadro regolatorio favorevole allo sviluppo dei sistemi di accumulo con procedure amministrative ad hoc, estendendo la detrazione fiscale anche a soluzioni di storage stand-alone, contribuendo ad aumentare la flessibilità del sistema e favorendo lo sviluppo tecnologico e la riduzione dei costi;
- la reale apertura dei servizi del dispacciamento, con un’accelerazione sui progetti pilota che coinvolgono le fonti rinnovabili, i sistemi di accumulo e la domanda, definendo inoltre nuove modalità di remunerazione dei servizi di dispacciamento esistenti e introduzione di nuovi;
- revisione e potenziamento dello strumento dei Titoli di Efficienza Energetica verso una maggiore semplificazione e ottimizzazione delle metodologie di computo e identificazione del risparmio energetico nonché una riduzione delle tempistiche per l’autorizzazione, emissione e presentazione dei certificati sul mercato.
Le misure segnalate – alle quali si dovrebbero aggiungere analoghi interventi per quanto riguarda altre fonti rinnovabili come ad esempio la geotermia, il mini-idroelettrico, il biometano – rappresentano solo una piccola parte di quelle di cui il settore energetico avrebbe bisogno per dare nuovo slancio alla transizione energetica del Paese.
Non dobbiamo dimenticare che il cambiamento climatico comporta rischi, seppur di medio-lungo periodo, più gravi di quelli del COVID-19. Non possiamo più permetterci di rimandare queste misure e l’efficientamento della Pubblica Amministrazione perché contribuiscono a fronteggiare la drammatica emergenza che stiamo vivendo.