Nei primi mesi del 2020 l’inquinamento atmosferico è tornato al centro dell’attenzione mediatica, complici le misure di natura emergenziale adottate in molte città, come l’imposizione di blocchi alla circolazione delle auto più inquinanti e le limitazioni alle ore di utilizzo dei sistemi di riscaldamento degli edifici. Le preoccupazioni maggiori hanno riguardato principalmente le elevate concentrazioni di polveri sottili (PM10 e PM2,5) e di ossidi di azoto (NOx).
Sulle origini del problema sono state espresse opinioni spesso opposte: da un lato chi sostiene che la responsabilità vada imputata in primo luogo al settore dei trasporti, con i veicoli alimentati a gasolio a interpretare il ruolo del nemico numero uno; dall’altro, chi identifica nel riscaldamento residenziale il settore maggiormente emissivo, a causa dell’utilizzo ancora ampio di caldaie obsolete.
Secondo le statistiche di ISPRA (Italian Emission Inventory 2019), circa il 60 per cento delle emissioni primarie di polveri sottili sono direttamente attribuibili al riscaldamento e la loro variazione di concentrazione atmosferica segue linearmente la stagionalità termica.
Nel corso degli anni la regolamentazione delle emissioni nel settore automotive attraverso normative sempre più stringenti ha promosso la riduzione degli inquinanti emessi dalle vetture anche obbligando i costruttori a sviluppare e impiegare nuove tecnologie.
Allo stesso modo nel settore del riscaldamento andrebbero promosse normative che possano favorire la sostituzione anche delle più moderne caldaie con soluzioni che utilizzano nuove tecnologie più pulite e in grado di garantire un utilizzo razionale del combustibile. Tali sistemi già esistono e vanno oltre le tradizionali pompe di calore aria-acqua elettriche, già diffuse in molti settori, ma che a causa di alcuni limiti tecnici non possono sostituire integralmente le caldaie senza che sia necessario eseguire anche costose attività sui sistemi di distribuzione del calore.
Occorre dunque promuovere la sostituzione delle tecnologie più obsolete salvaguardando ove possibile le infrastrutture già esistenti.
Altra priorità è la riqualificazione del patrimonio edilizio, che in Italia ha un’età media piuttosto avanzata e un’elevata dispersione di calore. Da questo punto di vista, una buona notizia è il cosiddetto Bonus Facciate introdotto dall’ultima Legge di Bilancio.
Una spinta importante alla diffusione di moderni sistemi di riscaldamento verrà inoltre dall’apertura all’autoconsumo collettivo di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e da microcogenerazione ad alto rendimento. La microcogenerazione è, tra le tecnologie alimentate a metano, la più efficiente e pulita, facilmente impiegabile in tutti gli interventi di riqualificazione.
In un condominio con riscaldamento centralizzato un sistema di microcogenerazione può fornire calore a basso costo a tutti i condòmini, ma l’energia elettrica ad oggi può alimentare solo l’utenza dei servizi comuni. Tuttavia, come imposto dalla direttiva 2001/2018/UE (da recepire entro il 2021), anche nel nostro Paese dovrà essere permesso l’autoconsumo collettivo di energia elettrica.
Allargare la platea di utenze che potrebbero essere rifornite dall’energia elettrica prodotta dai microcogeneratori, come già succede in molti altri Stati europei, non solo aumenterebbe il beneficio economico per i condòmini, ma offrirebbe anche un ulteriore incentivo alla sostituzione di sistemi di riscaldamento più inquinanti. Senza considerare i vantaggi che una generazione di energia elettrica programmabile e distribuita offre al sistema energetico nel suo complesso.
Il progresso tecnologico è da sempre il fattore chiave per il miglioramento della qualità della vita. Le tecnologie per combattere l’inquinamento atmosferico ci sono; promuoverne l’utilizzo, soprattutto quando le misure richiedono minimi sforzi normativi, dovrebbe essere la priorità.
Questo articolo è stato pubblicato su Nuova Energia, numero 1-2020.