“Nel futuro vedo un computer su ogni scrivania e uno in ogni casa”. Era il 1975 quando a soli 20 anni Bill Gates delineava una visione così futurista da sembrare fantascientifica e gettava le basi per raggiungere l’obiettivo, fondando Microsoft. Quella visione è diventata realtà e l’obiettivo è stato di gran lunga superato, portando un computer in ogni tasca!
Nel nuovo libro di Bill Gates, “Clima, come evitare un disastro”, ritroviamo la stessa straordinaria visione di innovatore applicata al cambiamento climatico, dove alla consapevolezza della gravità e della portata titanica della sfida seguono le soluzioni tecnologiche e politiche per raggiungere l’obiettivo di azzerare le emissioni di CO2 al 2050.
Il libro è dedicato a scienziati, innovatori e attivisti ma il messaggio chiave – guardare avanti, agire ora – è rivolto soprattutto ai Governi e alle Istituzioni pubbliche di ogni livello. L’innovazione che ci porterà da 51 miliardi di tonnellate di CO2 emesse ogni anno al target zero va ben oltre la tecnologia.
L’innovazione più urgente riguarda la politica e il modus operandi dei decisori pubblici, chiamati ad una responsabilizzazione veloce e a 360° verso l’obiettivo climatico. Se è vero che solo attivando in sinergia mercati, tecnologia e politica è possibile diffondere le innovazioni per una decarbonizzazione totale al 2050, è anche vero che il ruolo della politica spicca in questa triade.
La politica ha il potere e la responsabilità di indicare la direzione e farla perseguire: può agire da traino per la competitività delle tecnologie innovative attraverso gli investimenti pubblici, può creare condizioni favorevoli per lo sviluppo del mercato e della domanda e può indirizzare gli investimenti privati verso tecnologie green, rimuovendo gli ostacoli normativi alla transizione energetica.
Ai Governi nazionali spetta il compito di stabilire chiari obiettivi e in base a questi compiere le scelte di investimento. Uno dei passi più importanti del piano per azzerare le emissioni proposto da Gates prevede che i Governi debbano quintuplicare gli investimenti pubblici nella ricerca e sviluppo delle energie pulite che oggi ammontano ad appena lo 0,02% dell’economia globale.
Governi, Regioni, Province, Comuni, nessun livello di governance è esente dal dovere di pianificare e agire organicamente affinché le innovazioni tecnologiche sostenibili si diffondano sui territori. Gates ricorda infatti che la frammentazione dei processi decisionali rende cruciale il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni, veri e propri semafori per lo sviluppo della transizione energetica, potendo regolamentare a livello locale settori chiave come energia, edilizia, rifiuti e trasporti pubblici.
Gli enti pubblici hanno il compito di lavorare nelle proprie aree di competenza per raggiungere gli obiettivi stabiliti a livello nazionale e con la loro funzione di sovrintendere all’applicazione delle norme hanno ampio raggio d’azione sul territorio.
Anche i Sindaci con i loro Consigli comunali potrebbero promuovere azioni per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico, per esempio destinando i terreni di proprietà alla realizzazione di progetti di energia rinnovabile e di riforestazione. Anche gli altri enti territoriali potrebbero agire in analogia.
La responsabilizzazione, a tutti i livelli governativi, verso la transizione ecologica richiede una maggiore conoscenza dei nuovi target a cui siamo chiamati con il Green Deal ed implica la necessità di un adeguamento, in numero e anche in formazione, delle risorse necessarie a esaminare con professionalità e tempestività le nuove istanze autorizzative.
Come ho già ricordato, la transizione energetica è bloccata dal circolo vizioso tra l’incapacità decisionale di chi governa il territorio e l’opposizione – quasi sempre strumentale – dei comitati del “no” allo sviluppo degli impianti, con la complicità degli eccessi di burocrazia, di leggi medievali e della troppo spesso confusa compagine di responsabilità e competenze che caratterizzano il settore elettrico.
L’industria dell’elettricità è il primo dei settori analizzati da Gates. Non tanto perché a livello globale è responsabile del 27% delle emissioni di CO2, quanto perché produrre elettricità a impatto zero è strumentale anche alla decarbonizzazione di altri settori, tra cui la produzione industriale e i trasporti.
La filiera elettrica italiana si trova nella paradossale situazione di non poter investire in nuova capacità rinnovabile a causa delle tempistiche e dell’arretratezza che caratterizzano l’apparato burocratico, mentre l’Italia versa in uno dei periodi più critici per la sua economia aggravato dalla pandemia in corso.
Non abbiamo ascoltato gli allarmi che gli scienziati lanciano da decenni riguardo al cambiamento climatico. Anche il COVID ci ha trovato impreparati, nonostante gli avvertimenti della Medicina sull’inevitabile arrivo di una pandemia.
Dalla pandemia possiamo trarre importanti lezioni da applicare al cambiamento climatico. Bill Gates sottolinea che solo quando scienza, politica e industria hanno lavorato insieme e nella stessa direzione si è compiuto un passo importante, lo sviluppo in tempi record del vaccino è l’ultimo di questi esempi.
Il contrasto alla pandemia potrà dirsi efficace solo quando il vaccino si diffonderà, anche nei Paesi più poveri, così come l’obiettivo zero emissioni di CO2 potrà essere raggiunto quando le energie pulite si diffonderanno anche – o forse soprattutto dati i loro tassi di crescita – nei Paesi in Via di Sviluppo.
Il messaggio di Bill Gates in sintesi è che: investendo nella ricerca e nello sviluppo delle energie pulite, i Governi possono favorire la necessaria ripresa economica post COVID creando rapidamente posti di lavoro e riducendo le emissioni.