La crisi che colpisce il settore nucleare europeo ha profonde ripercussioni sulla sicurezza. L’Europa è piena di centrali nucleari vecchie, obsolete e con drammatiche criticità strutturali. Dopo il no dei cittadini svizzeri all’atomo e mentre si consuma la profonda crisi del nucleare francese, l’Italia è alle prese con la scelta su dove collocare il deposito nazionale che ospiterà le scorie e il combustibile esaurito.
La fine degli anni ottanta e la chiusura dell’avventura nucleare italiana hanno coinciso con l’inizio del problema della gestione delle tonnellate di rifiuti radioattivi che per legge dovrebbero essere stoccate in un apposito deposito nazionale. A 30 anni di distanza, di tale deposito non c’è traccia, nonostante il Governo abbia appositamente creato Sogin, società pubblica già costata ai cittadini circa 3 miliardi di euro.
5 anni dopo il referendum popolare che ha sancito il no degli italiani al nucleare, il nostro Governo sta preparando la carta delle aree idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti nucleari italiani (CNAPI) che sarà pubblicata entro la fine di quest’anno. Il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha dichiarato che “la previsione attuale dell’andamento dei lavori di decommissioning ammonta a 75,7 milioni di euro per il 2017 rispetto ad un budget di 83,3 milioni di euro”. La differenza è dovuta a criticità e ritardi.
Il deposito nazionale e il relativo parco tecnologico saranno operativi nel 2025, mentre le strutture che dovranno contenere le scorie e il combustibile esaurito dovranno essere pronti a inizio del 2024. Il 2025 è una scadenza molto importante per l’Italia che dovrà necessariamente disporre di un deposito operativo per accogliere le scorie riprocessate che la Francia ci restituirà entro tale data. Dunque, una deadline inderogabile che provoca non poche preoccupazioni, considerando i ritardi e gli scandali economici che da sempre accompagnano la storia del nucleare nel nostro Paese.
Ad aggravare la situazione concorre anche la recente notizia che Sogin avrebbe smantellato la divisione interna preposta alla scelta del sito idoneo ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. In Senato è stata presentata una interrogazione per conoscere le ragioni che hanno motivato la decisione di chiudere il dipartimento deposito nazionale e parco tecnologico interno alla Sogin.
Leggi l’articolo di Emanuele Bellano sul Corriere della Sera.