I rincari sui prezzi dell’energia elettrica (+5,3%) e del gas (+5%) per i clienti in regime di maggior tutela, annunciati lo scorso 28 dicembre dall’ex AEEGSI (oggi ARERA), hanno suscitato una serie di analisi, commenti e non poche polemiche, almeno fino a quando la questione dei famigerati sacchetti bio non ha monopolizzato l’attenzione dei più.
La colpa non è delle rinnovabili
In un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli ha puntato il dito, per quanto riguarda il prezzo dell’elettricità, contro i sussidi per le rinnovabili. Secondo la sua ricostruzione, gli oneri per gli incentivi all’energia pulita, inclusi nella bolletta della luce sotto la dicitura componente A3, sarebbero il principale determinante dell’incremento delle tariffe.
Come giustamente sottolineato da Annalisa Corrado in un articolo pubblicato su La Stampa, il fabbisogno economico per la componente A3, dopo aver raggiunto un picco di 14,4 miliardi di euro nel 2016, è oggi in discesa. Il GSE ha stimato che nel 2017 l’onere sia stato pari a 12,6 miliardi di euro, prefigurando inoltre un trend di riduzione costante nel lungo periodo, come mostra la seguente figura (fonte: Rapporto Attività, GSE 2017):
Dati alla mano, risulta dunque quantomeno audace correlare un aumento di prezzo a una componente di costo (che sul quel prezzo incide) in significativa discesa. Ma tant’è.
Tra l’altro, è la stessa Autorità che, attraverso un comunicato diffuso il 29 dicembre scorso, chiarisce i fattori che hanno contribuito alla revisione al rialzo delle tariffe, fattori che dipendono da dinamiche sia strutturali sia congiunturali che hanno interessato il sistema elettrico durante l’anno da poco concluso.
Le vere cause degli aumenti in bolletta
Nello specifico, per quanto riguarda la bolletta elettrica, l’aumento è da ricondursi in minima parte alla ripresa della domanda di elettricità, che ha registrato un aumento dell’1,6% nel 2017. La crisi del nucleare francese, che ha portato al blocco di alcune centrali in diversi periodi dell’anno passato, ha inoltre influenzato al rialzo le quotazioni nei mercati all’ingrosso europei, con un effetto negativo anche sulle importazioni nazionali di energia elettrica da oltralpe.
La crisi idrica che ha colpito il Paese l’anno passato ha causato una riduzione della generazione idroelettrica (-14% vs 2016), compensata parzialmente da un aumento dell’output delle centrali a gas, che sconta sul prezzo del kWh il rialzo stagionale del costo della materia prima, peraltro principale determinate dell’aumento delle tariffe nella bolletta del gas.
Altri fattori chiamano in causa l’aumento di componenti della bolletta elettrica quali dispacciamento, sicurezza della rete e oneri generali. Tali incrementi risultano comunque, in tutti i casi, non dipendenti dalle rinnovabili (a parte ovviamente la questione dell’idroelettrico) o dai relativi oneri in bolletta.
Al netto di queste considerazioni, la bolletta elettrica italiana rimane una delle più alte in Europa, mentre il differenziale del prezzo all’ingrosso continua a crescere anziché diminuire. Ma questa è un’altra storia.
Per approfondire, leggi l’articolo di Andrea Marchisio su RiEnergia.