I riflettori dei principali media nazionali si sono riaccesi sul problema dell’inquinamento atmosferico dopo la pubblicazione, da parte di Legambiente, del rapporto Mal’Aria 2018. Secondo il documento, ben 39 capoluoghi di provincia italiani hanno superato nel 2017 la soglia di 35 giorni di sforamento dei limiti per le polveri sottili (media giornaliera superiore a 50 µm*/m3) imposti dalla legislazione europea. Proprio a causa dei continui sforamenti dei livelli atmosferici di particolato e di biossido di azoto, l’Italia è oggetto di due procedure di infrazione da parte della Corte di giustizia europea. Ad oggi, il nostro Paese è riuscito ad evitare il deferimento da parte della Commissione Europea alla Corte di giustizia, ma la posizione dell’istituzione potrebbe cambiare.
Conoscere le cause che provocano l’emissione di inquinanti atmosferici e le principali fonti di emissione è il primo passo per individuare i rimedi ad un problema che ogni anno provoca in Italia un alto numero di vittime e ingenti costi sociali.
Quali sono le fonti
Se le reazioni che creano gli inquinanti ambientali rimangono sempre le stesse (principalmente processi di combustione di fonti fossili e materiale organico), i settori maggiormente responsabili delle emissioni nocive variano quando viene adottata una prospettiva storica. Grazie ai dati riportati dall’ISPRA (Air Emission Inventory 2017), è possibile tracciare l’evoluzione in Italia delle emissioni dei principali inquinanti.
Ossidi di zolfo: dalla produzione di elettricità al trasporto marittimo
Per quanto riguarda gli SOx, le emissioni sono diminuite drasticamente a livello assoluto, passando da 1783 kton** nel 1990 a 123 kton nel 2015. Questa riduzione è effetto della diffusione di prodotti di raffineria con un più basso tenore di zolfo, unita al passaggio al metano nelle centrali termoelettriche precedentemente alimentate a olio combustibile e carbone, oltre ovviamente alla crescita delle rinnovabili elettriche. La figura 1 mostra come sono cambiati i contributi relativi di ciascun settore: se nel 1990 le centrali termoelettriche erano responsabili di oltre il 40% delle emissioni totali, nel 2015 il principale contributo arriva dall’industria manifatturiera.
Circa il 17% delle emissioni provengono oggi dai combustibili impiegati nel settore marittimo, il cui tenore di zolfo massimo consentito (3,5%), stabilito dalla direttiva 2016/802/UE, è superiore rispetto a quello imposto a gasolio e olio combustibile. Limiti più stringenti, che entreranno in vigore a partire dal 2020, e un maggior impiego di Gas Naturale Liquefatto (GNL) nel trasporto via nave, contribuiranno a ridurre ulteriormente le emissioni di questo pericoloso inquinante.
Ossidi di azoto: trasporto su gomma leggero e pesante
Una simile contrazione si è verificata anche con le emissioni di NOx, che in 25 anni sono passate da 2032 kton a 763 kton. Osservando la figura 2, si nota che la quota di emissioni del settore termoelettrico ha perso del tutto la sua rilevanza, per le stesse ragioni citate sopra. Rimane invece notevole il contributo del settore trasporti, pur nel contesto di una complessiva riduzione delle emissioni di NOx in conseguenza dell’emanazione di standard europei via via più severi. Per ridurre il gap tra le emissioni misurate in laboratorio in fase di omologazione e quelle effettive su strada, emerso con evidenza nello scandalo Diesel Gate, è stata introdotta una nuova procedura (Real Driving Emissions procedure, RDE) che prevede un test di guida reale soggetto a variazione dei parametri.
Il riscaldamento residenziale è tra tutti i settori l’unico che ha aumentato la propria quota di emissioni sia in termini assoluti sia relativi, per cause che emergono con maggiore chiarezza considerando i seguenti agenti inquinanti.
Monossido di carbonio e particolato: dal trasporto al riscaldamento residenziale
Le emissioni di CO sono passate da 7246 kton nel 1990 a 2356 kton nel 2015, in larga misura in conseguenza della legislazione sulle emissioni nei trasporti, analogamente a quanto occorso con NOx. Il riscaldamento residenziale è oggi (figura 3) causa del 60% delle emissioni di CO, con un volume quasi raddoppiato nell’arco di 25 anni. Questa evoluzione è effetto della diffusione nel nostro Paese di sistemi di riscaldamento con prestazioni tecniche e ambientali insufficienti, che spesso bruciano biomassa, unita ad un patrimonio edilizio poco efficiente, con oltre il 65% di edifici in classe energetica G e F (Rapporto Annuale Efficienza Energetica, ENEA 2017).
Le stesse considerazioni possono essere applicate alle emissioni di PM 10 e PM2,5*** (figure 4 e 5), calate nel periodo 1990-2015 rispettivamente da 271 kton a 179 kton e da 221 kton a 160 kton, dovute oggi per oltre il 60% al riscaldamento residenziale. Una piccola parte del PM210 è riconducibile alla dispersione di polveri sottili per abrasione di gomme e freni: una strada su cui transitano 25.000 veicoli al giorno può produrre fino a 9 kg di polveri da gomma al giorno.
Quali i rimedi
Oggi esistono già le tecnologie che permetterebbero di porre rimedio all’inquinamento atmosferico, migliorando la qualità dell’aria e della vita dei cittadini.
Dalla precedente analisi emergono i settori di intervento in base all’inquinante considerato: trasporto marittimo e industria per gli SOx, trasporto su gomma leggero e pesante per gli NOx, riscaldamento residenziale per CO, PM10 e PM2,5.
Limiti di emissione sempre più severi per tutti i veicoli e potenzialmente il bando della vendita di auto a gasolio contribuirebbero di certo a ridurre le emissioni di NOx. Parallelamente, si dovrebbe intervenire per svecchiare il parco circolante e per promuovere una maggiore diffusione della mobilità a metano o, meglio ancora, elettrica. Riguardo quest’ultima forma di mobilità, è giusto sostenere che occorre considerare le emissioni di un’auto elettrica nel suo intero ciclo-vita, ma è altrettanto corretto dire che il settore elettrico ha emissioni inferiori ai trasporti per tutti gli inquinanti considerati. In una prospettiva di maggior ampiezza, dovrebbe farsi strada una mobilità più sostenibile, con un maggior contributo del servizio pubblico, più biciclette e formule innovative di car sharing e car pooling. Senza dimenticare di utilizzare il mezzo di trasporto più sostenibile di tutti, le nostre gambe, magari partecipando alle iniziative del programma radiofonico di Rai Radio 2 Caterpillar, organizzate per celebrare la giornata nazionale del risparmio energetico il prossimo 23 febbraio.
L’altro settore di intervento è quello residenziale, dove si deve agire sull’efficienza dell’involucro degli edifici e sul riscaldamento, incentivando la sostituzione degli impianti con caldaie più moderne. Ancor meglio, si dovrebbe favorire l’utilizzo di rinnovabili termiche e l’installazione di tecnologie ad alta efficienza e ridotte emissioni, come la microcogenerazione.
Ancora due considerazioni. Primo, il successo delle misure per il miglioramento della qualità dell’aria è possibile solo se si adotta un approccio di sistema, intervenendo in maniera coordinata tra le regioni sia sui trasporti, sia sul residenziale. Secondo, bisogna intervenire al più presto, non perché l’Italia rischia di dover pagare una pesante multa per infrazione della normativa UE, ma piuttosto perché tutelare la salute pubblica dovrebbe essere una priorità nazionale.
Per approfondire:
Elenco delle procedure di infrazione aperte nei confronti dell’Italia.
Progetto Viias, mappa dell’impatto sanitario dell’inquinamento in Italia.
Moniqa, Monitoraggio dell’Indice di Qualità dell’Aria.
European Air Quality Index, European Environment Agency.
* Microgrammi.
** Mille tonnellate.
*** Gli inventari delle emissioni presenterebbero tuttavia un bias che li porterebbe a dare più rilevanza alle attività che emettono PM primario trascurando settori importanti per la formazione di PM secondario.