Aumentare le rinnovabili per ridurre i costi dell’energia

L’Italia continua ad essere il Paese europeo con la maggiore dipendenza energetica. E siamo anche tra quelli che affrontano i maggiori costi.

Se è vero che i fattori che incidono sull’aumento del prezzo del gas non dipendono dalle scelte politiche italiane, è altrettanto vero che renderci meno dipendenti dal gas per la produzione di energia elettrica rientra nelle nostre possibilità.

Anzi, la definirei un’azione doverosa nei confronti del Paese, come già avevo avuto modo di esplicitare in una conferenza stampa del 25 febbraio 2022 (link al comunicato sul blog), il giorno dopo lo scoppio della guerra della Russia contro l’Ucraina.

Già allora era chiara la necessità di seguire una roadmap che prevedesse di installare 20 GW di rinnovabili all’anno, prevalentemente con impianti di grande taglia, così da tagliare le importazioni di gas.

Sono trascorsi 3 anni e invece di 60 GW ne abbiamo realizzato solo poco più di 16 GW, peraltro prevalentemente impianti di piccola taglia, il cui kWh costa fino a 3 volte di più rispetto a quelli di grande taglia.

La soluzione strutturale per ridurre il costo delle bollette in Italia è aumentare la produzione di energia elettrica accelerando lo sviluppo degli impianti che la generano al minor costo e utilizzano risorse nazionali, come l’eolico e il fotovoltaico.

Infatti, le bollette dell’energia elettrica scenderebbero con una maggiore quota di rinnovabili nel mix elettrico, e questo è vero nonostante l’attuale funzionamento del mercato elettrico sia basato sul criterio del prezzo marginale: come ha di recente spiegato ARERA, anche con questo meccanismo, la progressione delle rinnovabili può garantire enormi risparmi.

Se aumenta la produzione di energia elettrica rinnovabile, aumenta il numero di ore del giorno in cui sono loro a fare il prezzo, e non il gas. Attualmente, l’Italia è il Paese europeo che registra il maggior numero di ore in cui il prezzo dell’elettricità lo stabilisce il gas: da noi accade per il 90% delle ore rispetto a poco più del 60% della media europea.

Lo sviluppo efficace ed efficiente delle fonti energetiche rinnovabili in Italia è un obiettivo possibile e realistico, ed è anche la soluzione strutturale per ridurre la bolletta energetica nazionale per effetto della competitività nel costo di generazione delle fonti rinnovabili (caratteristica che non hanno invece le fonti fossili).

Affinché il contributo delle rinnovabili alla riduzione dei costi possa aumentare, è necessario che siano rimossi alcuni ostacoli normativi e che complessivamente tutto il sistema condivida l’opportunità e la necessità di raggiungere tale obiettivo.

Provvedimenti come il DL Agricoltura e il DM Aree Idonee bloccano lo sviluppo dei nuovi impianti rinnovabili, e certamente il Testo Unico ha qualche luce ma anche molte ombre, e non ha aiutato a risolvere le principali criticità.

Anche i ritardi e la mancanza di pianificazione non aiutano di certo. come riporta il Ritardometro del Blog, con 991 giorni di ritardo, il 28 febbraio 2025 è entrata in vigore una versione transitoria del Decreto FER X: al posto del provvedimento che avrebbe dovuto pianificare le aste competitive per le energie rinnovabili fino al 2028, il MASE ha invece pubblicato un Decreto che prevede le aste soltanto fino al 31 dicembre 2025, aste che, peraltro, ad oggi (marzo 2025) non risultano pubblicate.

Il FER X transitorio è comunque un aiuto all’avvio di nuovi progetti che riducono i costi dell’energia, come positivo è anche l’Energy Release: entrambi i provvedimenti attuano una forma di disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica prodotta dalle rinnovabili rispetto a quella, più costosa, generata utilizzando il gas.

Potremmo disporre nel breve periodo di una quota maggiore di elettricità rinnovabile ad un prezzo “disaccoppiato” da quello del gas accelerando la diffusione dei Power Purchase Agreements (PPA) tra le imprese. Per farlo, è fondamentale che si dia concreta attuazione alla disciplina introdotta dall’articolo 8 del DL Emergenze (D.L. n. 208 del 31 dicembre 2024), volta a mitigare i rischi finanziari nei PPA. Questa norma prevede che, tramite apposito decreto, il MASE stabilisca criteri e condizioni affinché il GSE assuma il ruolo di garante di ultima istanza nei contratti PPA. In altri termini, il GSE dovrebbe subentrare alla parte inadempiente (produttore o acquirente) di un PPA così da garantire l’adempimento delle obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti.

È altresì necessario che diventi operativa quanto prima la piattaforma di negoziazione organizzata, gestita dal GME, a partecipazione volontaria, istituita dall’articolo 28 del D.Lgs. n. 199/2021 ma non ancora partita. 

Per accrescere la quota di energia elettrica rinnovabile venduta a un prezzo disaccoppiato dal gas, andrebbe valorizzata al massimo la leva degli acquisti verdi della Pubblica Amministrazione (PA). Il GSE, il GME e il Consip possono svolgere un ruolo cruciale per la partecipazione della PA alle aste competitive e per la sottoscrizione di contratti d’acquisto a lungo termine (Power Purchase Agreements - PPA), due opportunità di disaccoppiamento ancora largamente inesplorate da parte della PA.

Se davvero si facessero funzionare questi meccanismi e venissero risolte le criticità del nuovo quadro normativo, avremmo prezzi stabili a lungo termine e significativamente più bassi rispetto al mercato spot dell’energia elettrica. In parallelo, si dovrebbe lavorare alacremente alla crescita dell’elettrificazione dei consumi e al phase-out degli impianti più inquinanti, oggi del carbone, e, in prospettiva, anche del gas.