A pochi giorni dalla chiusura, è chiaro che la COP26 di Glasgow non ha rappresentato un punto di svolta decisivo nella lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, anche se l’accordo finale è inadeguato rispetto alla gravità dell’emergenza climatica, sarebbe un errore non tener conto dei progressi compiuti.
La vasta copertura mediatica non ha precedenti nella lunga serie di Conferenze delle Parti e ciò conferma che la questione climatica è ormai di primario interesse per l’opinione pubblica, almeno nel mondo occidentale. A fronte di cittadini sempre più sensibili al tema, i governi e i partiti politici avranno dunque un incentivo in più a mantenere gli impegni presi.
Tra i più importanti commitments assunti dai decisori politici riuniti in Scozia vi è quello di fermare la deforestazione e la degradazione del suolo entro il 2030. Sottoscritta da oltre 140 Paesi che ospitano più del 90% della superficie forestale globale, la dichiarazione, sebbene non vincolante, è stata accompagnata da promesse per lo stanziamento di circa 20 miliardi di dollari. Questi fondi dovranno essere utilizzati per finanziare il ripristino dei terreni degradati, la protezione delle foreste (anche dagli incendi boschivi) e per garantire il sostentamento delle comunità native.
Le foreste svolgono un ruolo importante nelle strategie di mitigazione del cambiamento climatico: da un lato, la loro distruzione causa ogni anno una quantità di emissioni di gas serra paragonabile a quella del trasporto stradale, dall’altro, fungono da depositi di carbonio naturali (secondo l’IPCC, dal 2008 al 2017 i sistemi forestali e il suolo hanno assorbito circa il 30% delle emissioni globali).
Non solo. Il patrimonio boschivo svolge una funzione vitale anche in ottica di adattamento, limitando la vulnerabilità alle conseguenze del cambiamento climatico a livello locale e globale. Per esempio, le foreste forniscono protezione contro i disastri naturali contrastando i fenomeni erosivi del suolo e riducono i picchi di temperatura durante le ondate di calore, soprattutto nelle città.
La conservazione degli ecosistemi boschivi e la riforestazione, attraverso progetti che rispettano requisiti di trasparenza e sostenibilità, possono rappresentare dunque uno strumento efficace per coinvolgere attivamente cittadini e imprese nella lotta al cambiamento climatico.
CO2 reduction è un progetto promosso da Asja Ambiente che offre la possibilità ai privati cittadini di contribuire alla salvaguardia del Pianeta attraverso l’adozione di alberi che verranno piantati in aree da rimboschire.
Inoltre, CO2 reduction si rivolge alle imprese che vogliono ottenere la certificazione UNI 14064 offrendo un servizio utile a catalogare le emissioni e a identificare le soluzioni per abbatterle. L’ultima iniziativa, che ha portato alla piantumazione di oltre 2.500 alberi, è stata realizzata in Italia all’interno del Parco d’arte della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo recentemente inaugurato, in cui le opere d’arte, sculture permanenti di grandi dimensioni, sono installate tra salici, querce e cipressi.
Il successo di questa tipologia di progetti denota l’alto livello di attenzione per i temi climatici, che stanno lentamente imponendosi anche nel dibattito politico interno agli Stati.
La Cop 26 ha forse disatteso le aspettative di molti, ma è un buon punto di partenza. La speranza è che una crescente pressione da parte dell’opinione pubblica possa spingere i governi a mettere in campo politiche sempre più ambiziose, anche al di fuori degli accordi multilaterali, per non perdere credibilità ed elettori.
Questo articolo è stato pubblicato su QualEnergia, numero 5-2021