Appello di Elettricità Futura ai partiti: correggere il decreto
Nuovo appello nel giro di pochi mesi da parte di Elettricità Futura (associazione dell’industria elettrica italiana che rappresenta oltre il 70% del mercato) affinchè sia modificato il decreto per la definizione delle aree idonee, pensato per semplificare e accelerare l’istallazione di rinnovabili.
Il presidente Agostino Re Rebaudengo, dopo aver scritto a luglio ai ministri per l’Ambiente, per la Cultura e per l’Agricoltura, ieri si è rivolto anche alla premier e a tutti i partiti, sia maggioranza che dell’opposizione, perché lavorino assieme per arrivare a un sistema di regole che non blocchino del tutto 320 miliardi d’investimenti invece di accelerarli, rendendo irraggiungibili i target di decarbonizzazione e gli 80 gigawatt di rinnovabili al 2030 previsti dal decreto stesso.
Re Rebaudengo aveva già messo in evidenza i rischi, in assenza di correttivi di quelle regole, a fine luglio, ma nessuna reazione ufficiale è stata rilevata. E questo, in realtà, perché il decreto, frutto del lavoro di mediazione fra i tre dicasteri, è stato trasmesso alla conferenza unificata Stato regioni senza che enti territoriali avessero condiviso l’impianto. Ed è molto probabile che, tuttora, sia in atto il confronto con le regioni per trovare una soluzione condivisa, visto che il decreto prevede obblighi di target a livello regionale e un sistema di penali e sanzioni in caso di inadempienza.
In questo contesto il nuovo appello dell’industria ha l’obiettivo di ricordare – pur apprezzando lo sforzo dell’esecutivo per produrre un risultato, visto che il decreto sulle aree idonee è ormai atteso da due anni – che se le regole non consentono comunque alle imprese di investire tanto impegno non sarà servito a molto. Mancare l’obiettivo degli 80 gigawatt significa non consentire all’Italia di mettere a terra quanto previsto dal Pnrr e, soprattutto, dai nuovi target ancora più sfidanti del RepowerEu in termini di decarbonizzazione. Una sorta di contraddizione implicita che è necessario superare.
«Per lo sviluppo del fotovoltaico e l’agrivoltaico individuiamo le seguenti gravi criticità – spiega Re Rebaudengo -. Definita come idonea un’area, solo il 10% di quell’area può ospitare un impianto fotovoltaico tradizionale, e solo per il 20% può essere dedicata all’agrivoltaico. In base a questi principi, gli operatori dovrebbero acquisire diritti su aree 5 o 10 volte più ampie rispetto alle aree che effettivamente servono per gli impianti».
Criticità anche per l’eolico. «Sono idonee ad ospitare impianti eolici solo le aree che hanno una ventosità tale da garantire 2.250 ore annue di producibilità. È un valore troppo elevato, e, a nostro avviso, è un errore considerare la producibilità come un criterio per definire le aree – afferma -. Mentre in Italia si rischia di non fare impianti eolici se non venisse tolto questo limite, in Germania, le attuali norme già prevedono un aumento della remunerazione dell’energia fino al +30% in caso di minor ventosità».
Il decreto prevede poi che «la distanza minima tra i beni sottoposti a tutela e gli impianti eolici di 3 chilometri possa aumentare fino a 7 chilometri nel caso di beni culturali identificati come “di pregio”. Questa estensione, se non eliminata, renderà impossibile fare impianti nella stragrande maggioranza delle regioni».
Leggi l’articolo di Laura Serafini pubblicato sul Sole 24 Ore.