L’inquinamento atmosferico è per l’Italia un problema che necessita di una risposta strutturale e il legislatore sembra forse averlo finalmente compreso. Anche se rispetto a 25 anni fa la qualità dell’aria è notevolmente migliorata, le emissioni di particolato atmosferico (PM10 e PM2.5 ) e di biossido di azoto (NOx) causano ogni anno un elevato numero morti: oltre 80.000 in Italia nel 2016 secondo le stime dell’Agenzia Europea per l’Ambiente.
I decessi prematuri causati dall’inquinamento atmosferico hanno un notevole impatto economico. Una stima dei costi è stata condotta nel 2015 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: in Italia, nel 2010, le patologie e le morti legate all’inquinamento atmosferico sono costate oltre 85 miliardi di euro.
L’Unione europea, per garantire la protezione della salute umana, ha fissato una serie di valori limite orari, giornalieri o annuali per i principali inquinanti atmosferici. A causa dei continui sforamenti l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia europea sia per le emissioni di PM10 (ottobre 2018) sia per quelle di NO2 (marzo 2019). L’elenco completo delle procedure di infrazione è disponibile qui.
Con l’obiettivo di scongiurare possibili sanzioni – e soprattutto di migliorare la qualità della vita degli abitanti delle aree urbane più inquinate – il 4 giugno scorso è stato siglato a Torino un protocollo di intesa per l’avvio di un “Piano d’azione per il miglioramento della qualità dell’aria“, che include misure per ridurre il contributo all’inquinamento atmosferico dei tre settori più emissivi: trasporti, agricoltura e riscaldamento.
La firma del protocollo è il risultato più importante del Clean Air Dialogue, che per due giorni (4 e 5 giugno) ha riunito nel capoluogo piemontese rappresentanti del governo italiano – tra cui il premier Giuseppe Conte, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa e il ministro della Salute Giulia Grillo – e della Commissione europea – il commissario europeo all’Ambiente Karmenu Vella – insieme ai portatori d’interesse nei vari settori.
Tra le azioni trasversali previste dal protocollo vi sono l’impegno a razionalizzare i sussidi ambientalmente dannosi (liberando così risorse da destinare al miglioramento della qualità dell’aria) e l’istituzione di un fondo annuale di 400 milioni di euro a sostegno del Piano. Per quanto riguarda invece gli interventi nel settore mobilità, il protocollo preannuncia l’introduzione di nuovi criteri ambientali per la circolazione in ambito extraurbano (in particolare limiti di velocità ridotti) e per l’applicazione di bonus/malus nel bollo auto.
Sul fronte del riscaldamento, l’obiettivo delle misure incluse nel protocollo è quello di promuovere la sostituzione di stufe e impianti termici inefficienti alimentati a biomassa e gasolio. Infatti, a determinare l’elevato impatto del riscaldamento sulla qualità dell’aria è proprio l’utilizzo di sistemi di riscaldamento obsoleti, che si somma a una generale arretratezza del parco immobiliare italiano (gran parte degli edifici rientrano nelle classi di efficienza energetica G o F). Aumentare la diffusione dei sistemi di riscaldamento moderni – quali ad esempio la microcogenerazione ad alta efficienza – è dunque la strada per ridurre l’impatto del settore sulla qualità dell’aria.
Anche sulle misure previste dal protocollo si sono confrontati il 5 giugno al Museo A come Ambiente – MAcA di Torino il ministro Costa, la sindaca di Torino Appendino e l’assessore all’Ambiente Unia e oltre un centinaio di giovani studenti (compresi alcuni rappresentanti del movimento Fridays for Future). L’evento, che ho avuto il piacere di aprire in qualità di presidente del Museo, è stato un’interessante e vivace occasione di dibattito. Dei giovani partecipanti mi ha colpito non solo l’entusiasmo ma anche, in molti casi, la preparazione e la pertinenza degli interventi.
Sono felice di vedere come i temi dell’inquinamento atmosferico, del cambiamento climatico e, in generale, della sostenibilità siano al centro dell’azione e dei pensieri delle nuove generazioni. Sono orgoglioso che il Museo A come Ambiente, con la sua attività di educazione ambientale e divulgazione scientifica, possa aver in piccola parte contribuito a questa presa di coscienza.
Questo articolo è stato pubblicato su Nuova Energia, numero 3-2019.