Il Decreto Semplificazioni appena pubblicato restituisce l’apprezzabile intenzione del Governo di semplificare la burocrazia che regola lo sviluppo delle rinnovabili. Purtroppo, il ritardo accumulato nella transizione energetica in Italia è tale da richiedere misure di semplificazione ben più efficaci di quelle che attualmente leggiamo nel Decreto.
Da questo provvedimento dipende infatti la possibilità di ridurre la burocrazia e velocizzare le installazioni rinnovabili affinché nei prossimi 9 anni si riescano a realizzare 70 nuovi GW richiesti dal target Green Deal al 2030. Per farlo, la velocità di installazione dovrebbe quasi decuplicare, un’impennata impossibile da realizzare con le misure attualmente contenute nel Decreto.
Per essere in linea con l’obiettivo del Green Deal, l’Italia dovrebbe installare oltre 7 GW di nuovi impianti rinnovabili ogni anno, da qui al 2030. Negli ultimi anni riusciamo ad installare solo +0,8 GW all’anno, un divario troppo ampio rispetto agli impegni presi con l’Europa, che di questo passo raggiungeremo nel 2090 e non nel 2030!
C’è ancora la possibilità di migliorare il Decreto. Vediamo come.
Maggiori semplificazioni servirebbero per gli interventi che migliorano l’efficienza degli impianti rinnovabili esistenti.
Nel caso dell’eolico, quasi la metà degli impianti installati può essere rinnovato, sostituendo le vecchie turbine e mettendone di meno ma di maggiore potenza. Significa occupare meno suolo e produrre più energia rinnovabile.
Bisognerebbe allineare il Decreto all’innovazione tecnologica, modificando il passaggio che vieta alle nuove turbine di non superare il doppio dell’altezza di quelle esistenti, definendo un’altezza massima per evitare di penalizzare gli impianti troppo vecchi.
La possibilità di rinnovare gli impianti esiste anche per le altre energie rinnovabili, ma non c’è traccia nel Decreto. Andrebbero aggiunte quindi misure di semplificazione anche per gli interventi di repowering per il fotovoltaico e le altre fonti rinnovabili.
La versione attuale del Decreto continua ad escludere dalla partecipazione alle aste del GSE per gli impianti fotovoltaici sui terreni agricoli abbandonati o degradati. Si tratta di un limite che concorre a spiegare i fallimenti crescenti dei bandi del DM FER, nell’ultimo appena il 12% del contingente è stato assegnato. Il binomio fotovoltaico – agricoltura è uno degli ambiti più promettenti della transizione ecologica e insieme uno dei più bersagliati dalle opposizioni ideologiche. Facciamo chiarezza.
Come previsto dal Green Deal, nei prossimi 9 anni dobbiamo installare 50 nuovi GW di fotovoltaico, di cui 35 GW a terra. Per il fotovoltaico a terra verranno impiegate aree industriali, ex industriali e anche superfici a destinazione agricola ma non più utilizzate. Comunque anche se – ma così non sarà – tutti e 35 i GW di fotovoltaico venissero realizzati solo su queste ultime, significherebbe impiegare solo l’1,4% della superficie agricola non utilizzata.
A proposito di agrovoltaico, nel Decreto viene citata l’opzione di favorire le applicazioni verticali dei pannelli fotovoltaici, una soluzione non efficace né efficiente. Per farla breve, sarebbe come aprire il rubinetto e buttare via metà dell’acqua!
Ci sono anche misure positive nel Decreto, se funzioneranno lo dirà l’effettiva accelerata o meno che saranno in grado di imprimere alla transizione ecologica. Bene la procedura veloce di VIA per i progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e del Piano Energia Clima. Bene anche la previsione di ricorrere al potere sostitutivo in caso di ritardo nella conclusione dei procedimenti, a patto però che coinvolgere ulteriori soggetti non implichi un allungamento aggiuntivo degli iter autorizzativi.
Positivo che per le istallazioni di impianti rinnovabili nelle aree contermini il parere del Ministero della Cultura sia obbligatorio ma non vincolante. Nel Decreto si potrebbe semplificare ulteriormente, ad esempio, prevedendo che il MiC non debba esprimere il proprio parere per tutte le aree non vincolate.
La direzione è quella giusta, semplificare la burocrazia. Per raggiungere il traguardo si rende necessario apportare questi miglioramenti al Decreto Semplificazioni in fase di conversione parlamentare, così da permettere la creazione di 90.000 nuovi posti di lavoro e 100 miliardi di investimenti privati che il settore elettrico è pronto a realizzare.