Le ultime due settimane sono state decisive per la politica energetica dell’Unione Europea, essendo stati raggiunti, dopo lunghi negoziati, gli accordi su tre pilastri del Clean Energy Package – le Direttive Rinnovabili ed Efficienza e il Regolamento sulla governance dell’Unione Energetica.
Efficienza: un compromesso al ribasso
Per raggiungere un accordo sulla Direttiva Efficienza c’è stato bisogno di un round di negoziati in più di quelli necessari per trovare una convergenza sulla Direttiva Rinnovabili. Dopo l’incontro del 13 giugno, risolto con un nulla di fatto, un compromesso è stato infatti trovato a una settimana di distanza nella sera del 19 giugno. Parlamento Europeo, Commissione e Consiglio si sono accordati su un obiettivo del 32,5% al 2030 (espresso in termini di riduzione dei consumi rispetto allo scenario di riferimento), giusto a metà strada tra le rispettive posizioni negoziali (35% e 30% rispettivamente).
Se si guarda ai dettagli dell’accordo, sembra tuttavia che sia stato il Parlamento a cedere più terreno, in particolare perché l’obiettivo non è vincolante ma solo indicativo (anche se è prevista la clausola di revisione al rialzo entro il 2023). Inoltre, come richiesto dal Consiglio, è stato concesso agli Stati membri di scegliere se la riduzione dei consumi deve essere raggiunta rispetto ai consumi di energia primaria e/o ai consumi finali di energia (per il Parlamento doveva avvenire rispetto ad entrambi gli indicatori).
Per comprendere la portata di questo passaggio occorre fare un breve approfondimento tecnico. Per consumi di energia primaria si intende il consumo totale di energia, compresa l’energia consumata dal settore elettrico per produrre l’elettricità e le perdite di energia che occorrono durante la trasformazione e il trasporto dell’energia elettrica. Per consumi finali si intende invece esclusivamente l’energia consumata dall’utente finale (domestico, industriale, pubblica amministrazione ecc.), senza contare il consumo del settore elettrico. Di conseguenza, concentrarsi solo sulla riduzione dei consumi finali riduce il potenziale di efficienza energetica, perché si ignorano le perdite, spesso ingenti, che si riscontrano nei gradini più alti della filiera dell’energia elettrica.
Si può parlare dunque di un compromesso al ribasso, considerando il tanto declamato principio dell’energy efficiency first e il potenziale contributo di un più ambizioso obiettivo al raggiungimento del target sulle rinnovabili (per effetto di un denominatore più basso nel calcolo della quota di rinnovabili sui consumi). Anche in questo caso l’obiettivo al 2030 è lontano dal 40% indicato come traguardo minimo per mantenere gli impegni dell’Accordo di Parigi.
Governance: come monitorare i progressi in assenza di obiettivi nazionali
L’ultimo accordo ha riguardato il Regolamento sulla governance dell’Unione Energetica, nell’ambito del quale è stato definito che gli Stati membri dovranno presentare i propri piani nazionali clima-energia al 2030 entro il 31 dicembre 2018, avendo poi a disposizione ancora un anno per aggiustarli secondo le direttive della Commissione Europea. Quest’ultima dovrà invece elaborare entro il 1° aprile 2019 una strategia al 2050 per ridurre le emissioni di gas serra in linea con l’Accordo di Parigi.
Altro aspetto importante è l’inclusione del cosiddetto meccanismo del “gap-filler”, il cui fine è tracciare una sorta di traiettoria che, in assenza di obiettivi nazionali specifici, gli Stati membri devono collettivamente seguire per raggiungere gli obiettivi al 2030 su rinnovabili ed efficienza. I paesi dell’UE dovranno dunque raggiungere il 18% degli obiettivi entro il 2022, il 43% entro il 2025%, il 65% entro il 2027 e ovviamente il 100% entro il 2030. La Commissione Europea potrà così monitorare a intervalli regolari il contributo di ciascuno Stato membro e prendere i necessari provvedimenti affinché non si verifichino casi di free-riding.
I prossimi step
Ora i testi sui quali le istituzioni europee si sono accordate dovranno ripassare dal Parlamento Europeo e dal Consiglio per la ratifica ufficiale, prima di essere pubblicati in Gazzetta presumibilmente entro l’autunno di quest’anno. Gli Stati membri avranno poi 18 mesi a disposizione per trasporre nella legislazione nazionale le Direttive, mentre il Regolamento, essendo un atto legislativo vincolante, è direttamente applicabile in ciascuno Stato membro.
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Interessante è la questione dell’obbligo della riduzione reale delle vendite di energia imposta ai soggetti obbligati che sarà dello 0,8% annuo…
Si tratta in effetti di una vittoria per chi sosteneva posizioni più ambiziose perché, sebbene inferiore all’obiettivo dell’1,5% annuale incluso nella direttiva del 2012, a differenza di quest’ultimo il nuovo target non prevede clausole di salvaguardia e cavilli che ne hanno ridotto notevolmente l’efficacia. Qui un approfondimento sul tema: https://www.eceee.org/all-news/columns/energy-efficiency-directive-a-good-deal-or-not/