Il governo afferma di voler diversificare l’approvvigionamento di energia elettrica, per rendere l’Italia meno dipendente dalle importazioni dalla Russia, anche potenziando lo sviluppo delle rinnovabili. “Questo a parole, nei fatti si muove poco o nulla”, sostiene il presidente di Elettricità Futura, Agostino Re Rebaudengo. Il presidente torna a rilanciare la necessità di avviare un piano per realizzare 60 gigawatt di energia rinnovabile in 3 anni a un ritmo di 20 gigawatt all’anno. Un piano proposto con il supporto di tutta l’industria italiana del settore a febbraio e immaginato ben prima che scoppiasse la guerra in Ucraina. A quel piano, che prevede investimenti delle imprese per 85 miliardi, 80 mila nuovi posti di lavoro e meno import per 15 miliardi di metri cubi di gas, l’esecutivo, e in particolare il Mite, non ha mai dato una risposta.
“L’industria italiana è in grado di rispettare questi obiettivi – spiega Re Rebaudengo-. Dieci anni fa siamo riusciti a installare 11 gigawatt in un anno senza avere la tecnologia che abbiamo oggi. Purtroppo le semplificazioni di cui tanto si parla non ci sono o sono largamente insufficienti. Per superare gli ostacoli della burocrazia abbiamo chiesto la nomina di un commissario nazionale e di sub commissari regionali per agire in deroga alle norme diverse da quelle penali. Ma anche su questo non c’è stata risposta”.
Intanto la Germania ha cominciato a correre. “I tedeschi hanno varato un piano per installare 20 gigawatt all’anno per i prossimi tre anni, per poi passare a un ritmo di 40 gigawatt annui fino al 2035 -spiega-. Anche la Francia si muoverà: anche se produce energia dal nucleare ha il problema di gestire il phase out delle vecchie centrali, che comporta costi enormi”. Una rincorsa con l’estero sulle rinnovabili può costituire un serio problema se nel frattempo l’Italia resta ferma. “La pandemia ci ha insegnato che ormai gli ordini per la produzione si devono fare con ampio anticipo -aggiunge-. Germania, Francia e altri paesi stanno cominciando a ordinare pannelli e turbine eoliche: le capacità produttive del mercato si esauriranno presto facendo salire i prezzi. Tenere fermo lo sviluppo delle rinnovabili, inoltre, significa anche non dare sbocco sul mercato nazionale alle gigafactory per pannelli e batterie che si vogliono finanziare in Italia con i fondi europei e con il Pnrr. E’ un momento storico difficile, dobbiamo trasformarlo in opportunità”.
Elettricità Futura sta ultimando anche un’analisi sull’impatto occupazionale su tutta la filiera legato alla spinta dei 20 gigawatt all’anno. “Si tratta di molti nuovi posti di lavoro”, rivela.
Il ministero non lo ha detto ufficialmente, ma tra le preoccupazioni legate alla spinta sulle rinnovabili ci sarebbero i timori relativi alla necessità di potenziare le reti elettriche con sistemi di accumulo e di bilanciare la distribuzione dei nuovi impianti nel Paese.
“Anche su questi aspetti abbiamo fatto analisi approfondite – osserva -. In base a uno studio che ha censito il fabbisogno di sistemi di accumulo, per sostenere questo sviluppo delle rinnovabili servirebbero per 48 gigawattora, con investimenti per 15 miliardi e un’occupazione del suolo di 360 ettari pari allo 0,001% della superficie nazionale. In Confindustria, inoltre, stiamo lavorando per definire le nuove regole del prossimo mercato elettrico, anche alla luce della crisi energetica che stiamo vivendo”. Anche la questione del bilanciamento degli impianti nel territorio nazionale non è inedita. “A settembre abbiamo scritto una lettera al premier e ai ministri competenti sulla necessità di attuare il burden sharing previsto dal decreto di recepimento della direttiva Red2”, dice. Ancora una volta senza successo.
Secondo le stime dell’associazione, se si assecondassero le domande di allaccio e le disponibilità dalle regioni, di 60 gigawatt da installare in tre anni, 55 finirebbero al Sud, 3 in Centro Italia, 1 al Nord Est e uno nel Nord Ovest. “E’ uno scenario non sostenibile e troppo squilibrato su un’area del paese, le reti di distribuzione potrebbero non sostenere il carico in quell’area”. Nel frattempo l’esecutivo vara decreti per spingere lo sviluppo delle comunità energetiche. “E’ un’iniziativa lodevole -chiosa-. Ma è come curare il tumore con l’aspirina”.
Questo articolo, a firma di Laura Serafini, è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore del 13 aprile 2022.