Oltre agli evidenti benefici ambientali, la transizione ad un sistema energetico a basse emissioni di carbonio garantisce considerevoli ritorni a livello economico ed occupazionale. Milioni di persone lavorano oggi nel settore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica e questo numero è destinato a crescere con l’avanzare della trasformazione, in considerazione anche della maggior intensità di lavoro delle energie pulite rispetto alle fossili.
Il mercato del lavoro green in Italia
Oggi, in Italia, il settore della green economy impiega 2 milioni 964 mila addetti, cioè più del 13% dell’occupazione complessiva nazionale (Rapporto GreenItaly 2016). Si tratta mediamente di lavoro qualificato o altamente qualificato, visto che tra gli assunti nei settori della progettazione e della ricerca e sviluppo le figure green sono il 66% del totale.
In particolare, nel settore dell’energia rinnovabile gli occupati temporanei e permanenti stimati dal GSE nel suo Rapporto Attività 2016 sono 50.768 (da intendersi in termini di Unità di Lavoro Annuali, ULA, che indicano la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno).
Il fotovoltaico è il settore con più addetti (16.071), seguito dall’idroelettrico (10.744), dall’eolico (8.156), dal biogas (7.220), dalle biomasse (5.774), dai bioliquidi (2.106) e della geotermia (697).
Per fare un confronto, gli impiegati ENI erano 29.403 a fine 2014, mentre nello stesso anno nel settore rinnovabili erano impiegate 75.316 ULA permanenti e temporanee (Rapporto Attività 2015, GSE).
A livello europeo, l’Italia è al quarto posto tra gli stati membri per numero di addetti nel settore rinnovabili, dopo Germania, Francia e UK (dati riferiti al 2014, State of RES in EU 2016 report, Eurobarometer). Se tuttavia si considera il rapporto tra impiegati nelle rinnovabili e popolazione attiva, l’Italia si piazza al 3° posto, scavalcando la Gran Bretagna (elaborazione su dati Eurostat).
Nel mondo
A livello globale, il settore delle rinnovabili ha dato lavoro a 8,1 milioni di persone nel 2015 (Renewable Energy and Jobs Annual Review 2016, IRENA). La maggior parte degli occupati sono in Cina (3 milioni 523 mila), a seguire Europa (1 milione 169 mila), Brasile (918.000) e Stati Uniti (760.000).
Per quanto riguarda gli impiegati nel settore fossili, una raccolta di dati certi è difficilmente realizzabile, in particolare per la poca trasparenza che caratterizza generalmente le attività delle National Oil Companies. Tuttavia, potrebbe essere utile citare il fatto che negli Stati Uniti gli impiegati a tempo pieno nel solare, eolico, efficienza energetica e mobilità sostenibile sono circa un milione, ovvero 5 volte gli addetti alla produzione elettrica da fonti fossili (US Energy and Employment report 2017, US DoE).
Tre volte più occupazione
Da questi dati emerge una sostanziale maggior intensità di lavoro nel settore delle rinnovabili rispetto a quello delle fossili.
Due studi accademici confermano questo quadro. Secondo uno studio della University of Massachusetts, pubblicato nel novembre 2016, ogni milione di dollari investito in efficienza e rinnovabili crea quasi 8 posti di lavoro, contro poco più di 2 quando investito nel settore fossile. Di conseguenza, l’investimento in energia rinnovabile e in efficienza energetica crea circa 3 volte più occupazione rispetto a quella creata con l’investimento in energia fossile.
Un altro studio, realizzato dallo UK Energy Research Center, si concentra invece sui posti di lavoro creati per GWh di elettricità prodotta. L’analisi mette in luce l’esistenza di una differenza tra rinnovabili e fossili dell’ordine di 1 posto di lavoro per GWh/anno a favore dell’elettricità pulita. Considerando che la produzione elettrica italiana nel 2015 è stata pari a 283.000 GWh (Sintesi del Sistema Elettrico 2015, Terna), è evidente che si tratta di una differenza sostanziale.