L’eccesso di burocrazia rappresenta un freno alla competitività del Paese. A fronte della gravissima emergenza – climatica, energetica ed economica – in cui ci troviamo, l’inefficienza degli uffici pubblici dovrebbe essere superata con urgenza e determinazione.
Secondo la Costituzione italiana, efficienza e buon andamento sono tra i principi fondamentali su cui si basa la Pubblica Amministrazione.
Il principio del buon andamento comprende anche l’efficacia dell’operato degli uffici pubblici, un criterio che impone di adottare provvedimenti e risorse adeguate alle attività da svolgere.
La Pubblica Amministrazione è il servizio più importante che lo Stato mette a disposizione di cittadini e imprese. Eppure, in Italia Pubblica Amministrazione è ormai sinonimo di burocrazia e inefficienza, che costano tanto e che rallentano l’iniziativa imprenditoriale e la realizzazione di progetti chiave per la modernizzazione e l’indipendenza energetica del nostro Paese.
Il mancato rispetto dei principi costituzionali di efficienza e buon andamento inficia a cascata altri principi fondamentali della Costituzione, come l’uguaglianza e l’iniziativa economica privata. La qualità del lavoro svolto dalle Istituzioni pubbliche non è infatti omogenea lungo lo Stivale.
Nord e Sud del Paese viaggiano a due velocità, le Regioni meridionali arrancano rispetto al resto dell’Italia, che comunque “non eccelle”. Il non funzionamento della macchina pubblica costituisce un grave fattore per i cittadini e le imprese.
Al Sud va molto peggio, ma l’iniziativa economica privata viene scoraggiata dalla burocrazia in tutta Italia, Il malfunzionamento della Pubblica Amministrazione costa ogni anno 57 miliardi di euro alle imprese, secondo il Centro studi della CGIA di Mestre.
In base alle stime di PWC Italia avviare una nuova attività richiede fino a 20.000 mila euro di pratiche amministrative.
Tra aggravi diretti e indiretti, le inefficienze della PA gravano per il 3 per cento sul PIL in termini di perdita di produttività. Nella classifica dell’Eurobarometro sulla burocrazia in Europa, l’Italia è ventiquattresima: siamo agi ultimi posti insieme a Bulgaria, Romania e Grecia.
L’eccesso di burocrazia e le inefficienze della PA sono gravi freni alla competitività dell’Italia. Sono purtroppo pessimista rispetto a che, con il PNRR, si possa recuperare produttività come previsto negli obiettivi.
A fronte della gravissima emergenza – climatica, energetica ed economica – in cui ci troviamo, il malfunzionamento degli uffici pubblici dovrebbe essere superato con assoluta urgenza e determinazione, anche per permettere di accelerare la transizione energetica che è la soluzione più veloce ed efficace all’emergenza (climatica, energetica ed economica), perché consente di ridurre le emissioni climalteranti, aumentare l’indipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e rilanciare l’economia e l’occupazione. A sostenerlo sono le più importanti Istituzioni dell’energia a livello mondiale, in primis l’autorevole International Energy Agency.
Il Piano 2030 del settore elettrico italiano ha obiettivo di arrivare a quasi l’85 per cento di elettricità rinnovabile nel mix di generazione elettrica, partendo dall’attuale 38 per cento. Per l’Italia si traduce in un risparmio di circa 30 miliardi di euro anno dato dalle minori importazioni di gas.
I benefici per economia italiana previsti dal Piano 2030 proposto da Elettricità Futura ammontano a 345 miliardi di euro nei prossimi 8 anni, in termini di valore aggiunto per filiera e indotto. Inoltre, l’attuazione del Piano permetterebbe di creare 500.000 nuovi post di lavoro in Italia e di ridurre del 75 per cento le emissioni di CO2eq del settore elettrico (rispetto al 1990).
Per concretizzare queste opportunità, nel nostro Paese serve installare 85 GW di nuova capacita rinnovabile nei prossimi 8 anni, ovvero circa 10 nuovi GW l’anno.
A causa della lentezza burocratica, negli ultimi anni in Italia le rinnovabili sono cresciute di circa 1 GW ogni anno.
Serve uno scatto, bisogna da subito rilasciare 10 volte più autorizzazioni, il che chiama in causa il principio costituzionale sopracitato dell’efficacia dell’operato della Pubblica Amministrazione e dell’adeguatezza delle risorse per svolgere le attività.
Già adesso, gli uffici delle Regioni e degli Enti Locali preposti al rilascio dei titoli autorizzativi non sono adeguatamente dotati di personale e strumenti informatici per far fronte alle richieste.
In Italia la durata media di un iter autorizzativo è di circa7 anni, mentre la legge prevede che il procedimento si completi entro un solo anno, due in casi eccezionali. Nel nostro Paese abbiamo i tempi più lunghi e i costi più alti d’Europa per ottenere un permesso a realizzare un nuovo impianto rinnovabile o per ammodernare quelli esistenti.
La situazione non può che peggiorare, considerata la necessita di rilasciare ogni anno 10 volte più autorizzazioni per nuovi impianti rispetto al passato. Servirebbe uno sforzo straordinario per fronteggiare il crescente numero di richieste, che preveda il rafforzamento dell’organico degli uffici competenti (a livello centrale e territoriale), ampliandolo in quantità, competenze e dotazioni tecniche.
Non si tratta solo di velocizzare i tempi, ma anche di evitare i tanti NO ai nuovi progetti in nome della tutela del paesaggio. Sono proprio gli impianti rinnovabili che, riducendo le emissioni, tutelano il territorio dai disastrosi effetti del cambiamento climatico che già da anni colpisce pesantemente il paesaggio e i monumenti italiani.
Promuovere lo sviluppo delle rinnovabili sui territori non significa affatto compromettere l’estetica, al contrario, la conservazione del paesaggio e del patrimonio culturale trovano un punto di incontro nella transizione energetica.
Auspico che le Soprintendenze trovino presto con le imprese sempre migliori soluzioni di integrazione con il paesaggio.
Elettricità Futura ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica di farsi promotore per l’apertura di un Tavolo con il Ministero della Cultura e le Soprintendenze, con l’obiettivo di arrivare alla stesura condivisa di nuove e chiare regole in grado di coniugare il rispetto del patrimonio culturale, la tutela del paesaggio e l’obbligatorio sviluppo delle energie rinnovabili per far fronte ai cambiamenti climatici e alla necessita di maggiore indipendenza energetica.
Questo articolo è stato pubblicato nella Rivista Nuova Energia – 1 febbraio 2023.