L’Italia non è un Paese ricco di materie prime. Abbiamo imparato a trasformare questo limite in un’opportunità, diventando leader a livello europeo nell’economia circolare delle risorse e rendendo il nostro settore manufatturiero il più efficiente al mondo in termini di energia utilizzata per unità di PIL.
Ad oggi però continuiamo ad importare tre quarti dell’energia che consumiamo ed il nostro patrimonio edilizio è ancora per gran parte nelle ultime due classi energetiche (F e G). Ciò comporta un notevole spreco: il settore residenziale assorbe infatti il 28% dei consumi finali di energia in Italia, di cui circa i due terzi per la produzione di calore. Questo, unito all’ampio utilizzo di sistemi di riscaldamento obsoleti, ha un elevato impatto negativo in termini di emissioni inquinanti e climalteranti.
La riqualificazione energetica del settore residenziale è dunque una priorità oltre che un’occasione per la ripresa economica post COVID-19. Il cosiddetto Superbonus 110% incluso nel Decreto Rilancio mira appunto a dare nuovo slancio al settore dell’edilizia potenziando i già presenti strumenti dell’Ecobonus e del Sismabonus incrementandone le aliquote e introducendo nuovamente l’opzione della cessione del credito e dello sconto immediato in fattura.
Tra gli interventi “trainanti” che beneficiano dell’aliquota al 110% vi è la sostituzione degli impianti di climatizzazione esistenti con tecnologie per il riscaldamento e il raffrescamento più efficienti e sostenibili come le pompe di calore e i microcogeneratori ad alto rendimento. In particolare, rispetto alla generazione separata di elettricità e calore, la microcogenerazione permette di ridurre di oltre il 20% il fabbisogno di energia primaria, con un’analoga riduzione delle emissioni di CO2 e un abbattimento delle emissioni inquinanti sino a 20 volte rispetto ad una caldaia.
Producendo energia elettrica nel luogo di utilizzo, il microcogeneratore permette l’elettrificazione dei consumi senza richiedere un potenziamento della rete elettrica perché sfrutta quella già esistente del metano. In quest’ottica è fondamentale che le direttive europee in tema di autoconsumo collettivo e comunità energetiche vengano recepite al più presto, consentendo all’elettricità prodotta da fonti rinnovabili e da microcogenerazione di alimentare più di un’utenza, come già avviene in molti Stati europei.
Tornando al Superbonus, se convincono e sono ampiamente condivisibili i fini, auspichiamo che alcuni dubbi sulle modalità di applicazione che potrebbero minarne l’efficacia vengano fugati. Ad oggi (26 giugno) sono: ritardi nell’emanazione delle linee guida, un’eccessiva quantità di adempimenti non fondamentali, poca chiarezza delle norme, sproporzione nel rapporto costi/benefici. Per fare un esempio, potrebbe essere introdotta una proporzionalità dell’aliquota della detrazione in base al miglioramento di prestazione energetica generato dall’intervento, monitorando al contempo i risultati ottenuti in termini di riduzione dei consumi, anche nell’ottica di una raccolta e divulgazione di best practices.
Gli investimenti in edilizia hanno un effetto moltiplicatore tra i più elevati, fattore che rende il Superbonus uno strumento in grado di innescare un “boom economico” sostenibile, rilanciare l’occupazione e diffondere l’innovazione green nelle case. Facciamo in modo che ciò accada, migliorando gli aspetti del Superbonus che potrebbero indebolirne l’efficacia.
Questo articolo è stato pubblicato su QualEnergia, numero 3-2020