Ciò che è chiaro a tutti oggi è che l’impatto economico, e non solo quello sanitario, del COVID-19 sarà forte. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, quella cui stiamo andando incontro sarà la più grave recessione dal 1929 e l’Italia sarà uno dei Paesi più colpiti. Goldman Sachs arriva a stimare una riduzione del PIL nazionale nel 2020 del -11,6%.
L’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani (OCPI) ha realizzato due scenari per l’economia italiana nel 2020 che differiscono in base all’effetto che la pandemia avrà sul PIL:
- nell’ipotesi in cui il PIL 2020 si riducesse del 6%, e venissero implementate misure di sostegno all’economia pari al 3,3% del PIL, il rapporto deficit/PIL passerebbe da 1,6% del 2019 a 8,2% nel 2020. Il rapporto debito/PIL salirebbe a circa il 150% contro il 135% del 2019;
- nell’ipotesi in cui il PIL 2020 si riducesse del 10%, fermo restando l’importo delle misure espansive, si prevede per il 2020 un rapporto deficit/PIL del 10% e un rapporto debito/PIL di circa il 158%.
Come sottolineato dall’Osservatorio, grazie agli strumenti di finanziamento messi in campo a livello europeo, una quota rilevante di debito pubblico (pari al 25% del totale) sarebbe detenuto dalle istituzioni comunitarie, riducendo il rischio di crisi sul mercato dei nostri titoli di Stato. Tuttavia, ciò non esclude che nel medio periodo l’Italia possa andare pericolosamente vicino a una situazione di default.
Per scongiurare tale eventualità è fondamentale che venga adottata, contestualmente all’assunzione di nuovi debiti, un’azione efficace nell’aumentare la qualità della spesa, nel ridurre la burocrazia e nell’incrementare l’efficienza della Pubblica Amministrazione, il cui peso si fa sentire anche nel settore energetico. Con questo obiettivo, le principali associazioni di categoria stanno trasmettendo al Governo proposte di semplificazione che, se messe in pratica, permetteranno alle imprese di ripartire con investimenti in grado di creare PIL e occupazione.
Secondo uno studio dell’International Renewable Energy Agency (IRENA) appena pubblicato, investire nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica porterebbe a un valore aggiunto (rispetto ad uno scenario di business as usual) di 100.000 miliardi di dollari a livello globale entro il 2050, con un ritorno sull’investimento dai 3 agli 8 dollari per ogni dollaro investito. Questi investimenti farebbero inoltre quadruplicare i posti di lavoro nel settore, dagli attuali 11 milioni a oltre 42 milioni entro il 2050.
Sarebbe quindi un fatale errore rinunciare alla lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico sostenendo che sottragga risorse necessarie al riavvio dell’economia post-COVID19. Anzi, proprio il passaggio a tecnologie di produzione e consumo di energia più pulite ed efficienti fornirà quello stimolo a domanda e offerta che serve per ripartire.
Un modello ci arriva dallo Stato di New York, tra le aree più colpite al mondo dal Coronavirus. Il 3 aprile è stata infatti adottata una legge, l’Accelerated Renewable Energy Growth and Community Benefit Act, il cui obiettivo è la semplificazione delle procedure di permitting dello Stato in modo da attrarre investimenti privati in nuovi impianti rinnovabili. Sono ovviamente presenti misure inclusive e di standard ambientali.
Questo esempio sarà probabilmente presto seguito da altri Stati americani e auspico anche dal nostro Paese. Il settore energetico, con una Pubblica Amministrazione più efficiente, può contribuire in modo determinante alla ripresa economica e alla transizione energetica.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Aspen Institute.