Più energia. Meno costi

di Agostino Re Rebaudengo, Presidente Asja Energy

L'Italia continua ad essere il Paese europeo con la maggiore dipendenza energetica. Importiamo circa il 75% dell'energia, ben al di sopra della media europea del 58%.

Anche secondo un recente studio realizzato dal Politecnico di Torino e da Intesa Sanpaolo «l'aumento della produzione rinnovabile è la strada da seguire per affrancare l'Italia dalla dipendenza dalle importazioni di gas». Dico - anche – perché (oltre a sostenerlo da anni in prima persona) a indicare le rinnovabili come soluzione per l'indipendenza energetica dell'Italia sono le più autorevoli Agenzie dell'economia e dell'energia a livello mondiale.

In fatto di energia, la dipendenza dalle importazioni non è l'unico record dell'Italia, in Europa siamo anche tra quelli che la pagano di più. Inutile sottolineare l'evidente legame tra le due cose. Utile chiedersi, ci sarà pure qualche responsabilità se siamo in questa situazione? Il DL Agricoltura ha imposto lo stop alla realizzazione di impianti fotovoltaici in aree agricole, in un Paese che ha oltre 4 milioni di ettari di terreni agricoli abbandonati. E con meno terreni a disposizione, aumentano i costi di quelli disponibili. Il DL consente l'agrivoltaico, che può arrivare ad avere costi di sviluppo e manutenzione tra ilio e il So% più alti del fotovoltaico a terra. Il DM Aree Idonee, pubblicato due anni in ritardo, crea il rischio concreto di rendere non idoneo per le rinnovabili il 99% del territorio nazionale, persino le aree prima definite per legge come idonee rischiano di non esserlo più (Sardegna docet).

Con ironia, definisco il DM Aree Idonee un capolavoro normativo. Infatti, se già non era facile fare esattamente l'opposto rispetto alla ratio da cui discende – ovvero accelerare i nuovi progetti rinnovabili dando alle Regioni chiari e coerenti criteri per farlo - il Decreto è riuscito a fare di più. Mette a rischio pure i progetti in corso di realizzazione, perché ha lasciato alle Regioni oltre alla facoltà di emanare provvedimenti più restrittivi rispetto alla normativa nazionale pure quella di applicare le nuove regole ai progetti già in corso di autorizzazione e, incredibilmente, anche di realizzazione.

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Con il Testo Unico si potrà rimediare agli errori, speravano le imprese che hanno investito per sviluppare progetti, pagato per ottenere autorizzazioni che non hanno ricevuto e che ora si vedono le iniziative bloccate dalle nuove regole regionali sulle aree idonee. Invece, non c'è due senza tre. Il Testo Unico non ha risolto le pecche del DM Aree Idonee, come avrebbe potuto fare, e non ha nemmeno dato organicità al quadro normativo, come avrebbe dovuto fare. Ha aggiunto complessità in diversi casi, invece di imprimere certezza e celerità.

Quindi, ricapitolando, la risposta è sì, ci sono delle evidenti responsabilità se l'Italia resta il Paese europeo più dipendente dall'estero per l'energia e se la paga più degli altri. Per diventare più indipendenti e ridurre i costi, dovremmo aumentare la produzione nazionale di energia, accelerando lo sviluppo degli impianti che producono energia elettrica al minor costo e utilizzano risorse energetiche nazionali, le rinnovabii. Incredibilmente, stiamo facendo l'opposto, riuscendo peraltro a fare aumentare i costi di realizzazione dei pochi impianti che si riusciranno a installare, e quindi dell'energia elettrica che produrranno.

Quest'articolo è stato pubblicato su Qualenergia edizione febbraio-marzo 2025.