L’Italia è tra gli Stati membri che più hanno contribuito alla transizione energetica in atto in Europa e oggi rappresenta circa l’11% del totale della domanda di energia rinnovabile sul territorio UE, al terzo posto dopo Germania (17%) e Francia (13%). Il quadro che emerge dallo studio “Fonti Rinnovabili in Italia e in Europa, verso gli obiettivi al 2020”, pubblicato recentemente dal GSE, è dunque positivo e mette in evidenza la notevole crescita nel nostro Paese del consumo di energia prodotta da fonti alternative, passato da 10,7 Mtep nel 2005 a 21,1 Mtep nel 2016. In termini assoluti, solo la Germania ha fatto meglio, con un incremento di 18,1 Mtep in 11 anni.
Obiettivi al 2020
Come noto, il nostro Paese ha già superato, con diversi anni di anticipo, il proprio target nazionale (17%), avendo raggiunto quota 17,4% di consumi finali coperti da fonti rinnovabili nel 2016. Per quanto riguarda invece l’obiettivo vincolante di combustibili puliti (biocarburanti ed energia elettrica) nel settore trasporti, pari al 10% nel 2020, l’Italia è ancora indietro (7,2%), pur essendo in linea con la traiettoria di sviluppo individuata dal Piano di Azione Nazionale (PAN):
Se si considerano gli obiettivi non vincolanti, relativi alla percentuale di rinnovabili sui consumi finali elettrici (26,4%) e termici (17,1%), anche in questo caso il traguardo è stato agevolmente superato da alcuni anni:
Guardando al contributo relativo delle diverse fonti rinnovabili termiche, si nota tuttavia una preponderanza dell’utilizzo di biomasse (72%), mentre tecnologie come le pompe di calore ed il solare termico ricoprono un ruolo ancora marginale (rispettivamente 25% e 2%). Il consumo di biomasse solide come legna o pellet in sistemi di riscaldamento poco efficienti ha portato però ad un aumento delle emissioni di inquinanti ascrivibile al comparto termico, dal momento che gli impianti a biomassa presentano un fattore emissivo medio di particolato (PM10) pari a circa 400 g/GJ, significativamente più alto rispetto a quello dei sistemi a gasolio, GPL o gas metano, compreso tra 0 e 4 g/GJ (Strategia Energetica Nazionale, SEN 2017).
Verso il 2030
Nonostante gli indiscutibili risultati già raggiunti, il cammino verso gli obiettivi al 2030 indicati dalla nuova SEN è tutt’altro che scontato, soprattutto per quanto riguarda il target di 55% di rinnovabili elettriche sui consumi finali lordi (FER-E/CFL). La rapida crescita registrata nel periodo 2011-13, determinata anche dalla decrescita dei consumi elettrici complessivi in conseguenza della crisi economica, ha infatti lasciato il posto a una situazione di stallo a partire dal 2014 (come mostra la figura seguente), per effetto di una lieve ripresa dei consumi e di una notevole riduzione degli investimenti in nuova capacità di generazione rinnovabile.
Il tasso medio di crescita della nuova potenza di generazione elettrica rinnovabile installata nel periodo 2014-16 (0,8 GW, GSE) risulta essere dunque molto inferiore rispetto al valore compatibile con l’obiettivo al 2030, pari a circa 3,6 GW l’anno (stime Coordinamento FREE).
Il nuovo decreto rinnovabili e i contratti rinnovabili di medio-lungo periodo
I contingenti di potenza messi a disposizione nella bozza del nuovo decreto per l’incentivazione delle fonti rinnovabili sono cospicui ma non sufficienti. Nei tre anni coperti dal decreto (2018-20), saranno infatti incentivati impianti rinnovabili per un totale complessivo di circa 6,3 GW (2,1 GW l’anno), a cui va sommata l’eventuale potenza non aggiudicata in precedenti bandi e le iniziative che non usufruiranno di incentivi.
Riguardo quest’ultimo aspetto giocherà un ruolo di primo piano la diffusione di contratti di medio-lungo periodo per la fornitura di energia rinnovabile (Renewable Power Purchase Agreement, PPA), grazie ai quali i produttori di energia rinnovabile potranno contare su un flusso di entrate certo, alternativo all’incentivo erogato, che costituisce un elemento fondamentale per la bancabilità di un progetto. Il primo caso in Italia di corporate PPA* è quello stipulato tra Engie e l’azienda austriaca produttrice di laterizi Wienerberger, sulla base del quale la prima fornirà, dal 2018 al 2022, elettricità rinnovabile a un prezzo fisso a quattro stabilimenti italiani di proprietà della seconda.
* I corporate PPA sono contratti nei quali la controparte del produttore rinnovabile è un’azienda consumatrice. Differiscono dai cosiddetti trader PPA nei quali la controparte non è l’impresa stessa che consumerà l’energia prodotta bensì un istituto di credito, come nel caso del parco solare da 63 MW di Montalto di Castro, unico (per ora) impianto in market parity in Italia.