Re Rebaudengo

Proposte

In questa sezione del Blog, trovate alcune proposte per risolvere le più urgenti criticità che stanno frenando la realizzazione dei nuovi impianti rinnovabili necessari a ridurre i costi dell’energia e a raggiungere gli obiettivi nazionali di decarbonizzazione al 2030, creando notevoli benefici in Italia per il clima, l’economia, l’industria e la società.

DM Aree Idonee

Il DM Aree Idonee, pubblicato due anni in ritardo, avrebbe dovuto accelerare la diffusione degli impianti rinnovabili in coerenza con la Direttiva europea RED II da cui discende. Al contrario, ha creato il rischio concreto di rendere non idoneo per le rinnovabili la quasi totalità del territorio nazionale, persino le aree prima definite per legge come idonee rischiano di non esserlo più.

Infatti, il DM Aree Idonee ha (almeno) 2 lacune gravissime:

  1. non ha normato “il periodo transitorio” e
  2. non ha nemmeno esplicitato che le aree idonee ex lege debbano continuare a essere considerate tali. Ha lasciato la facoltà delle Regioni di estendere fino a 7 Km di distanza da un bene tutelato il divieto di nuovi impianti, con la conseguenza che, se le Regioni esercitassero in toto questa facoltà, il 96% del territorio italiano sarebbe non idoneo (stima Elemens Energy Boutique Consulting ).

La necessità più immediata è porre rimedio alle lacune del DM Aree Idonee, al fine di evitare che l’intero Paese diventi non idoneo alle nuove installazioni e che si fermino anche i progetti già avviati su cui le imprese hanno investito, come dimostra il caso della Sardegna.

La Regione Sardegna, approfittando al massimo di queste due lacune del DM Aree Idonee ha legiferato con effetti retroattivi e con criteri che renderanno probabilmente non idoneo il 99% del territorio sardo. Infatti, la norma regionale della Sardegna sulle aree idonee prevede che:

  • i provvedimenti autorizzatori già emanati alla data di entrata in vigore della nuova legge, aventi ad oggetto impianti che ricadono nelle aree non idonee, sono privi di efficacia se l’esecuzione dei lavori di realizzazione non ha avuto inizio ovvero non ha comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi;
  • i procedimenti non ancora conclusi alla data di entrata in vigore della nuova legge, non potranno proseguire se i relativi progetti in iter autorizzativo rientrano in regimi giuridici in contrasto con la nuova normativa.

Il Consiglio di Stato ha annullato parzialmente il DM Aree Idonee (con la recente ordinanza n. 4298 del 14 novembre 2024), affermando che le Regioni non possono adottare una disciplina più restrittiva di quella già contenuta nella norma di rango primario costituita dal D.lgs. n. 199/2021 che elenca già quali sono le aree da considerare come idonee.

Per risolvere le criticità del DM Aree Idonee, e in coerenza con la posizione del Consiglio di Stato, il Governo dovrebbe chiarire con una norma interpretativa i criteri a cui le Regioni devono conformare l’esercizio del loro potere di normazione sulle aree idonee, che si indicano qui di seguito:

  • le aree idonee individuate ex lege dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 199/2021 di attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001 (“Direttiva RED II”) devono continuare ad essere considerate aree idonee;
  • le nuove disposizioni regionali non dovranno applicarsi ai progetti per i quali sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie ad ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto (in coerenza con quanto fatto dal Governo con l’art. 5 del DL Agricoltura). In ogni caso, dovranno essere fatti salvi tutti i progetti, già in corso di autorizzazione, che dal 2021 ad oggi sono stati localizzati nelle aree idonee così considerate ex lege dall’art. 20 d.lgs. 199/2021.

L’emanazione di questa norma interpretativa è

  • di fondamentale importanza perché qualora il Governo non la emanasse e le Regioni adottassero discipline più restrittive rispetto alla disciplina nazionale (a titolo esemplificativo si fa riferimento all’esempio estremo e inaccettabile delle Regioni Sardegna e Toscana), sarebbe impossibile la realizzazione di nuovi impianti e quindi per l’Italia impossibile raggiungere gli obiettivi stabiliti dal DM Aree Idonee, dal PNIEC e dal PNRR. Inoltre, i costi dei pochissimi progetti realizzati salirebbero notevolmente, causando un aumento del prezzo dell’elettricità prodotta.

Peraltro, questa norma consentirebbe anche di limitare il numero di ricorsi giudiziali volti alla disapplicazione del DM Aree Idonee, nonché anche avverso le leggi regionali adottate in ottemperanza al DM Aree Idonee; 

  • di estrema urgenza perché, come dimostrano i primi esempi di discipline regionali (Sardegna e Toscana), le Regioni possono usare la totale discrezionalità lasciata loro dal DM Aree Idonee sia per bloccare i progetti già avviati sia per limitare al massimo le aree.

DL Agricoltura

Il DL Agricoltura ha introdotto il divieto di installazione del fotovoltaico in aree agricole, una decisione di cui non si comprende la ratioperché in realtà non protegge alcun terreno agricolo da alcuna invasione del fotovoltaico in agricoltura (e abbiamo oltre 4 milioni di ettari agricoli abbandonati!).

Per raggiungere i target rinnovabili del REPowerEU, servirebbero solamente 70.000 ettari di terreno, equivalenti allo 0,4% della Superficie Agricola Totale (SAT) (16,5 milioni di ettari).

Inoltre, l’applicazione del DL Agricoltura aumenterà a dismisura i costi per le imprese che investono nelle rinnovabili in Italia. Infatti, sui terreni agricoli si potranno installare solo impianti agrivoltaici che, a seconda delle configurazioni, hanno costi di sviluppo e manutenzione tra il 30% e il 50% più alti del fotovoltaico a terra.

Peraltro, questo divieto farà diminuire la disponibilità dei terreni, aumentandone i costi: un effetto domino che si riverserà anche sul costo dell’elettricità prodotta.

Testo Unico Rinnovabili

Il Decreto Legislativo sui regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (chiamato Testo Unico Rinnovabili), in attuazione della delega prevista dall’art. 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della Legge n. 118 del 2022 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), anziché semplificare e accelerare il rilascio delle autorizzazioni come imporrebbe la legge delega del Parlamento, rischia di determinare nuove barriere e rallentamenti allo sviluppo delle fonti rinnovabili.

Alcuni esempi:

  • La normativa nazionale previgente consentiva di ammodernare e potenziare gli impianti rinnovabili già installati senza ulteriori autorizzazioni anche in presenza di vincoli paesaggistici, proprio perché si tratta di impianti esistenti, che hanno già ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni. Il Testo Unico ha limitato questa possibilità, introducendo ulteriori incertezze con possibili ed inutili costi, nonché lungaggini burocratiche.
  • Ha previsto una disciplina transitoria non chiara che ha lasciato agli operatori l’opzione di chiedere l’applicazione della nuova normativa, con dubbi interpretativi soprattutto per gli Enti locali a cui sono attribuite alcune competenze, specialmente in materia di PAS.
  • Per i progetti che rientrano nello schema delle attività di edilizia libera, sono stati introdotti requisiti e condizioni che ne limitano l’applicazione effettiva.
  • Si osserva un disallineamento temporale tra il momento in cui la PAS è «perfezionata» e quello in cui diventa «efficace» che è successivo alla pubblicazione sul BUR. Tale disallineamento crea incertezze sul termine entro cui deve essere comunicata la data di inizio lavori, adempimento richiesto per scongiurare la decadenza del titolo autorizzativo.
  • È stato abrogato l’art. 6 del D.lgs. 28/2011 che prevedeva la possibilità di utilizzare la PAS senza limiti di potenza nel caso di impianto agrivoltaico avanzato situato entro 3 km da area industriale, commerciale, artigianale.

Recepimento della RED III (UE 2023/2413)

La RED III (Renewable Energy Directive III) è la terza direttiva europea per la promozione dell’uso delle fonti energetiche rinnovabili.

La RED III contiene misure indispensabili per accelerare la transizione energetica, prevedendo l’individuazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili, limiti temporali definiti per il rilascio delle autorizzazioni, il potenziamento dello sportello unico per le domande e il riconoscimento dei progetti rinnovabili e delle infrastrutture di rete come di interesse pubblico prevalente.

Rispetto alla data di entrata in vigore della RED III, il 20 novembre 2023, gli Stati membri hanno avuto 18 mesi di tempo per adottare i provvedimenti nazionali di recepimento della nuova Direttiva.

Quindi, entro il 1° luglio 2024, l’Italia avrebbe dovuto recepire la RED III.

A settembre 2024, la Commissione europea ha avviato la procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia. A febbraio 2025, la Commissione europea ha avviato la seconda fase della procedura d’infrazione contro l’Italia. Ad oggi (marzo 2025) il recepimento non è ancora avvenuto.

È importante che il recepimento della Direttiva RED III avvenga presto.

Ancor più fondamentale è che il recepimento non vada nella direzione opposta a quanto indicato dalla stessa Direttiva, ad esempio, riguardo alle semplificazioni degli iter autorizzativi e all’identificazione delle aree di accelerazione, come invece è accaduto per il recepimento della RED II con il DM aree idonee (vedi DM Aree Idonee, la prima voce di questo elenco).

RITARDOMETRO

Il Ritardometro evidenzia il ritardo nell’emanazione dei provvedimenti che dovrebbero permettere la transizione energetica (ed ecologica). I provvedimenti attesi sono descritti e riportano il ritardo accumulato rispetto alla data in cui sarebbero dovuti entrare in vigore.